Otello Santucci, il più grande incisore a mano libera di Roma

Lascia il segno da oltre 40 anni su fedi, anelli e stemmi. Otello Santucci è il più grande incisore di Roma, come indicato sulla lastra in marmo che gli ha regalato “il marmoraro”, un altro artigiano della Capitale. La sua bottega si trova da quasi vent’anni in via della Lupa 11/b, a due passi da piazza Fontanella Borghese. Ma l’attività è iniziata nel 1940, con suo padre Gastone. “Ha cominciato da suo zio Muzi. È n’mestiere che se tramanda di famija in famija”, racconta Otello.

Di Gastone Santucci ci sono tre foto in bianco e nero sulla parete, tutte lo ritraggono mentre incide: occhiali da vista sul naso, camice scuro da lavoro e ferri del mestiere in mano. “Era n’artista”, prosegue Otello, che da lui ha imparato tutto. “Gli artigiani de na vorta erano poco pazienti e disponibili. Non te dedicavano tanto tempo, dovevi rubà co j’occhi”.

Foto di Gianni Nunno

A 14 anni Otello inizia a seguire il papà in bottega, ma aveva anche altre passioni. “So’ stato un chitarrista quasi professionista pe tanti anni. Di gruppi ne ho avuti un sacco e ho composto diverse canzoni”. Ma Otello è stato anche un eccellente sportivo. “A 40 anni ho vinto er XII Memorial Davide Morea di ciclismo”. Sulla parete del negozio c’è la sua foto in grande con le braccia al cielo, trionfante, e il ritaglio di giornale in cui si legge l’ordine di arrivo: “Primo della categoria seniores Otello Santucci della G.C. Vitinia di Roma”. E poi le gesta: “Con un’azione travolgente Santucci si conferma il migliore in una vittoria meritata”.

Ora, però, l’artigiano si dedica principalmente alla famiglia (è spesso presente lì con lui il nipote e la moglie, con cui si è spostato da un anno) e al lavoro. “Musica, ciclismo, incisione: ho scerto tutte strade difficili”, racconta guardando lo schermo del computer. In bottega ne ha due sempre accesi in caso dovesse improvvisamente mancare la corrente. “È accaduto quarche volta, così sto tranquillo che avrò sempre il file salvato”.

Mentre conversa sta lavorando a una scritta da incidere su una lastra d’ottone che sarà applicata su alcune sedie. “Quando ho iniziato non c’erano i computer. Era tutto incisione a mano libera, giusto a vorte ricorrevamo ai cliché”. Ovvero delle tessere che, inserite nel pantografo, permettevano di replicare il simbolo già inciso. “Oggi si usano meno perché c’è la stampante 3d”. Ma quella che ha lui non è come le altre. “L’ho adattata”. Sotto ha infatti vari perni e meccanismi che gli consentono di muovere la lastra a piacimento, a seconda delle esigenze. “Chi pensa che basta sapè usò la tecnologia pe incide sbaja. Se non vieni dal disegno a mano libera, rischi di commette un sacco d’errori. Quando la uso, mi immagino sempre come se la punta fosse la mia mano”.

Foto di Gianni Nunno

Di stampanti moderne ne ha due: la più costosa viene 8mila euro, e gli consente i lavori più complessi, mentre l’altra l’adopera per incidere le foto e gli anelli. Oggetti che indossiamo ogni giorno e su cui Otello lascia la propria firma. “Po’ sembrare difficile, ma incidere i nomi e la data di matrimonio sulle fedi non è complicato. Per noi del mestiere è come se fosse er diploma; la laurea, invece, so’ gli stemmi”. Sul bancone ne ha diversi realizzato da lui. “Tutti ne hanno uno, anche io ho il mio”. È appeso sulla parete: Santucci-Muzi. “L’ho trovato con na ricerca araldica”. Ma quelli a cui tiene di più li ha realizzati il padre, esposti in una teca appesa nella bottega. Sono lavori di una precisione unica, opere dove l’artista ha dato tutto se stesso. A volte anche la vista, com’è accaduto a Otello.

“Per un lavoro mio marito si è sforzato tantissimo con gli occhi”, racconta la moglie, “avevo paura che non ci vedesse più”. Ma qualcosa con il cliente non ha funzionato. “Non ha apprezzato il lavoro. Lui c’è rimasto molto male, ha sbattuto sul tavolo lo stemma e l’incisione si è danneggiata. Poi gliel’ha ridato e gli ha detto: ‘Ora lo porti a fare da qualcun altro’”. Dei clienti non sopporta quelli che biasimano il lavoro per cercare di pagare meno, perché lui è molto autocritico e dà sempre tutto se stesso. E forse è proprio per questo che ha ricevuto sempre lavori importanti. “Ho servito tutte le gioiellerie più famose d’Italia e ho realizzato anche delle targhe d’argento che si trovano in Senato co le firme di tutti i Presidenti della Repubblica”.

Foto di Gianni Nunno

Otello è un “romano de Roma”, anche se vive a Ostia, vicino al mare. Guardare le onde che si infrangono contro la spiaggia lo rilassa. Anche la natura, come lui, lascia il segno. Ma resta innamorato della Capitale e dei suoi simboli. Tant’è che sul polso indossa un bracciale dove è inciso il motto del marchese del Grillo: “Io so' io... e voi non siete un cazzo!”. È uno a cui piace scherzare. D’altra parte anche il padre, Gastone, prende il nome dal personaggio di Ettore Petrolini, che ha fatto ridere intere generazioni.

Mentre siamo lì, Otello ci mostra un po’ del suo humor. Appoggia l’orologio sulla stufa, poi, dopo un po’ lo passa al nipote (senza che lui avesse visto dove fosse) e gli chiede: “Me pulisci n’attimo il vetro?”. Ma appena il giovane lo prende, subito si scotta: e tutti e due si mettono a ridere. “Ce sei cascato de novo!”. E così fa divertire tutto il rione, che lo ama. “Quando so’ tornato dopo avè chiuso per il Covid, chi abita su sta via s’è affacciato e m’ha applaudito. Mi so’ commosso”.

Di persone ne ha stupite tante con il disegno a mano libera, un’arte che affonda le radici nei secoli. Decide allora di impressionare anche noi con la sua magia. Prende un pezzo di ottone, indossa un paio di occhiali (che ingrandiscono fino a 8 volte) e inizia a passare la mina della matita sulla carta vetrata per renderla il più fina possibile. Questa è solo la prima parte del rito preparatorio. Poi prende un cubo di cera, accende il fuoco della “spiritella” (una piccola fiala) e ci attacca la lastra lucente. Manca ancora un passaggio. Inserisce la superficie metallica dentro una sfera che ruota (strumento creato da lui, che ha come base il tappo di un barattolo) e con la matita scrive la frase da incidere. Ora tutto è pronto, ma non prima di un avvertimento.

Foto di Gianni Nunno

“Bisogna sta attenti quando se usa il bulino, po’ esse pericoloso”. Sulle mani Otello ha diversi segni. “Quando incido devo preme forte. E se il bulino mi sfugge, rischio di tagliarmi come è successo in passato”. Lui, però, ormai è del mestiere: sa come posizionare le mani per non ferirsi. E con una velocità impressionante ruota la sfera dove poggia la lastra, muove il bulino dopo aver realizzato la scritta con la matita e incide. Sembra passare il sottile scalpello nel burro, invece è metallo. Un movimento che rapisce, incanta, emoziona. Da guardare al rallentatore. Un lavoro di una precisione unica. “L’A” ora è nell’ottone. Otello ha di nuovo lasciato il segno.

Foto di Gianni Nunno