Motus, Tutto Brucia: la denuncia delle donne schiave, migranti e in minoranza

Tre donne sono sul palco del Teatro India, ma ne rappresentano molte di più. Quelle di Troia, che devono essere assegnate come schiave ai vincitori. Quelle del Mediterraneo, che migrano verso Paesi nuovi. E quelle dell’Oltretomba, che sono morte inghiottite dal mare o dai loro carnefici. Nella tragedia di Euripide Le troiane si chiamavano Cassandra, Andromaca ed Ecuba. Nelle pagine dei giornali d’oggi si chiamano Saira, Rosa, Mariana, Alejandra, Rosario. Ma il destino è lo stesso. Devono sopravvivere, devono lottare, devono denunciare.

Quello messo in scena da Daniela Nicolò e Enrico Casagrande non è uno spettacolo di silenzi. Si sentono grida, urla e lamenti. Si sente la voce di Francesca Morello, in arte R.Y.F., che accompagna i movimenti, la danza e i gesti di Silvia Calderoni e Stefania Tansini. Si sente un tonfo, un colpo improvviso. La caduta di un sacco arancione dal tetto. Ovvero il figlio di Andromaca gettato dalle mura di Troia dai Greci.

Quella dei due fondatori di Motus, compagnia nomade e indipendente, non è un’opera di dialoghi. Ma di frasi taglienti. “Tutto brucia”, “resta solo fumo”, “it’s all over”. E di domande: quali vite contano? Cosa rende degna una vita di lutto?

Quella dei due sceneggiatori che si sono formati all’Università di Urbino non è una rappresentazione di ombre, ma soprattutto di luci. Come quelle al neon che cambiano colore, vengono spostate, poi accese e spente. Che roteano sulle braccia di una delle performer illuminate di rosso, creando così un vortice di fuoco seducente.

Quella al Teatro India è una messincena per le donne rese schiave. Per la libertà perduta. Per tutte le persone che non hanno il coraggio di denunciare.