L'Isola delle Rose: l'Isola che non c'è (ma c'è stata!)

«…Sole spento, sole spento
Sulle labbra di chi mi amava
Illusione di un momento
Sole spento solo per me

È finita, è finita
La mia terra è senza amore
Senza pioggia e senza vento

Sole spento, sole spento
Sole spento solo per me
Sole spento, sole spento
Sole spento solo per me…»

Il nuovo film di Sidney Sibilia, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, racconta del naufragio di un sogno, quello di Giorgio Rosa, un ingegnere bolognese che nel 1967 costruì una piattaforma al largo di Rimini, 500 metri oltre le acque territoriali, per farne uno stato indipendente dalla penisola italiana, un simbolo radicale e originale di libertà. La piattaforma fu abbattuta nel febbraio del 1969 dalle forze di polizia italiane, dopo appena dieci mesi dalla sua fondazione, e la sua demolizione si può considerare la prima e ultima guerra d’invasione commessa dalla Repubblica italiana.

La storia dell’Isola ribelle ha il sapore di un’utopia che ha avuto la sua parentesi di realtà, seppur breve. Sembrerebbe una contraddizione in termini, eppure per dieci mesi la piattaforma ha ospitato avventori, naufraghi, curiosi, e attratto l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica al punto da essere ritenuta una minaccia per l’integrità della Repubblica.

L’Isola delle Rose costruita da Giorgio Rosa.Fonte: Cinematographe.it

L’Isola delle Rose costruita da Giorgio Rosa.

Fonte: Cinematographe.it

L’avventura dell’ingegnere Rosa, interpretato da Elio Germano (che non delude mai), è un connubio di idealismo e ingegno tecnico, e riflette il fermento politico e ideologico degli anni Sessanta. Pensiamo alle riforme in tema di parità dei sessi, come il divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio, l’eguaglianza di retribuzione, l’ammissione delle donne alle professioni e al pubblico impiego, dal quale erano state bandite dal fascismo.

Nel film la giovane barista Franca, incinta non si sa bene di chi, partecipa in prima linea all’inaugurazione della piattaforma e alla sua difesa quando viene minacciata dalla polizia, rivendicando il diritto di esistenza e partecipazione a prescindere dal suo corpo. In quegli anni, il movimento studentesco recupera i temi dell’antifascismo militante e si fa difensore dell’antiautoritarismo contro le istituzioni, le politiche repressive e i servizi di sicurezza. Le proteste miravano ad abbattere le gerarchie e demolire il paternalismo etico e politico, culminando in azioni di occupazione, scontri con la polizia e grandi scioperi. Ciò che i giovani di allora desideravano per se stessi cercavano di costruirlo davvero, tentando di realizzare una rivoluzione che potesse dare nuova forma al loro futuro.

Giovani manifestanti durante le rivolte studentesche del ‘68.Fonte: ilfattoquotidiano.it

Giovani manifestanti durante le rivolte studentesche del ‘68.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

È in questo tripudio della praxis che trova spazio l’idea, folle ma allo stesso tempo legittima e coerente, di un’isola che si sottragga, per pochi chilometri, ai limiti e alle pressioni di un Paese e della sua Costituzione. Come esseri umani, ci emozioniamo sempre quando una cosa che sembrava impossibile entra a far parte del mondo. E infatti è una profonda malinconia quella che ci avvolge quando vediamo l’isola sprofondare nel mare tra fumi e fiamme, con in sottofondo le parole di “Sole spento” di Caterina Caselli che ci ricordano quanto le cose più belle della vita siano spesso soltanto “illusioni di un momento”. Sembra sempre che la realtà, con la sua necessità e inesorabilità, debba prevalere sulla spinta eccentrica di chi ragiona fuori dal comune. È vero anche che la bellezza di avventure come questa risiede nella loro fragilità, nel loro apparire e svanire come luoghi magici dell’immaginazione. Ed è così che vale la pena di ricordare l’Isola delle Rose, come un’italiana “Isola che non c’è”(ma c’è stata!).

Parte del cast de “L’Isola delle Rose”.Fonte: viaggi.corriere.it

Parte del cast de “L’Isola delle Rose”.

Fonte: viaggi.corriere.it

Se la storia vale la pena di essere raccontata e conosciuta, la realizzazione cinematografica di Sibilia non è del tutto convincente. Piuttosto fiacca in molti passaggi, la pellicola si salva grazie alle interpretazioni di alcuni protagonisti. Oltre al già citato Elio Germano, meritano una menzione Luca Zingaretti nei panni dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone e Fabrizio Bentivoglio nel ruolo del ministro dell’interno Franco Restivo. Anche Matilda De Angelis, astro nascente del cinema italiano e internazionale, non brilla particolarmente in questa interpretazione. Il film è disponibile dal 9 dicembre 2020 sulla piattaforma streaming Netflix.