Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman portato a teatro da Andrei Konchalovsky

 

La drammaturgia di Andrej Končalovskij ricalca i tratti salienti del famoso film dell’artista svedese Ingmar Bergman. Nel 1973 Scene da un matrimonio uscì nei cinema italiani continuando il mitico successo che aveva avuto in tutta Europa, dimostrando che le crisi coniugali non hanno latitudine né lingua e sono simili per tutte le coppie del mondo.

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Andrej Končalovskij colloca la drammaturgia nella Roma anni Sessanta e ne fa rivivere i tratti salienti. Molto meticolosa è la costruzione della scenografia, tanto maniacale che in teatro sembra rievocare un cinematografico gioco di prestigio. Nella scena che raffigura il salotto si notano anche i piccoli difetti comuni a tutte le abitazioni: tracce di fumo sul muro e il gocciolare di un rubinetto. Tutto concorre a riprodurre una razionale realtà. Lo spettacolo, diviso in due atti, lascia trapelare già nelle fasi iniziali  gli eventi drammatici che seguiranno e nella falsa cordialità e nel falso amore che si intravedono nelle pieghe delle battute, fa capolino il sorgere degli infausti eventi. Il marito, con razionale cinismo, comunica alla moglie che ha deciso di partire per Parigi con una giovane studentessa di cui si è follemente innamorato.

La moglie Milanka è così costretta tra pianti e disperazione a ricrearsi come donna e, in futuro, a essere apparentemente più forte del suo ex marito. Giovanni, il marito, come da trama ritorna un anno dopo deluso e pentito tra le braccia della moglie e tra i due scoppia un nuovo amore. La seconda parte dalla lettura registica  di Končalovskij porta la drammaturgia a sequenze cinematografiche: la meccanica drammaturgica, simile al film, si legittima spesso sulla non parola e sull’allusione.

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Lo sviluppo della relazione matrimoniale viene messo a nudo in ogni minima parte, mettendo a fuoco i compromessi e l’ ipocrisia di facciata di un rapporto ormai logorato dal tempo. Non si può pretendere di conoscere se stessi se non si fa lo sforzo di conoscere la persona che vicino a noi è partecipe della nostra complettezza. Capire i bisogni dell’altro l’altro e comprenderne le necessità, gli stati d’animo, le paure, le incertezze e le fragilità deve essere la base di un amore che non teme il trascorrere del tempo. Il dramma è il conflitto irrisolto dei sentimenti, prima inespressi e poi gridati a muso duro. Feroce è il  confronto urlato nel rinfacciarsi colpe, rancori, sospetti e rimpianti.

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La prova attoriale di Federico Vanni si manifesta con una presa verso il pubblico,  il suo rapporto con il personaggio è coinvolgente.  Julia Vysotskaya, lodevole nella parte, interpretata in modo egregio, rimarca nella cadenza anche l’origine russa della protagonista femminile,  internazionalizzando il personaggio. Entrambi meritano  un  plauso   per essere ottimi nel  cucirsi ruoli complessi,  interpretando con forza  una vicenda sempre attuale . Andrej Končalovskij  è riuscito  a comunicare con  scene dalla forte natura cinematografica  il pensiero di Ingmar Bergman riuscendo ad infondere  al complesso attoriale il progressivo mutamento  dei ruoli, facendo  un  attento esame della fragilità di  coppia .