Van Eyck. An optical revolution: la più grande mostra di sempre sul maestro fiammingo

 

Nell'anno delle celebrazioni raffaellesche e nell'attesa che venga inaugurata la grande mostra alle Scuderie del Quirinale, un'altra importante esposizione ha preso il via in Europa, quasi a voler rivaleggiare con quella romana per distogliere l'attenzione dal pittore urbinate. Si tratta della mostra "Van Eyck, an optical revolution", che ha trovato luogo nel museo di belle arti di Gent (città belga che conserva l'opera più importante del pittore, quel grandioso Polittico dell'agnello mistico). Nessuna ricorrenza di date particolari, nessun centenario a differenza di Raffaello, di cui ricorrono i cinquecento anni dalla morte. La scelta di mettere in piedi la più grande mostra mai realizzata sul genio pittorico fiammingo nasce dalla conclusione di un importante restauro effettuato sul Polittico dell'agnello mistico, iniziato nel 2012 e durato ben otto anni, che ha riportato all'originale brillantezza di colori tutti i pannelli della grande opera.

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Della vita di Jan Van Eyck si sa poco: non si conosce la data esatta di nascita ne il luogo (che oscilla intorno al 1390 e alla città di Maaseik), ma soprattutto siamo a conoscenza di appena venti opere che costituiscono un corpus tanto esiguo quanto importante e rivoluzionario. Considerando che in mostra sono presenti ben nove opere autografe si può facilmente comprendere l'unicità di questa esposizione. I nove dipinti di Van Eyck sono accompagnati da numerose opere di artisti a lui contemporanei, fiamminghi come Petrus Christus e Gerard David, ma anche molti italiani come Beato Angelico, Paolo Uccello e Domenico Veneziano, in un fruttuoso e proficuo dialogo fra le due scuole pittoriche più importanti del Rinascimento. È proprio tramite il confronto con gli italiani che si può comprendere la novità e l'eccezionalità delle opere di Van Eyck.

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Particolarmente interessante e stimolante è l'incontro fra Van Eyck e Beato Angelico, più o meno coetanei e forse entrati in contatto nel corso delle loro vite. Entrambi dipingono il momento in cui San Francesco riceve le stimmate (tema molto diffuso in Italia a differenza delle Fiandre, di cui l'opera di Van Eyck è il primo esempio noto), ma con esiti totalmente differenti. Il pittore toscano dipinge con la luce, il dato naturale è reso in maniera approssimativa, così come le figure umane, in uno stile ancora tardo gotico. Il fiammingo scandaglia la natura in una resa lenticolare persino più vera del reale. È un modo di concepire l'opera completamente diverso, per cui queste scene vanno guardate anche in maniera diversa. Se le opere italiane del primo Rinascimento vanno guardate dal generale al particolare, per apprezzarne dapprima l'impostazione spaziale e il perfetto impianto prospettico e poi gli eventuali dettagli, quelle fiamminghi vanno viste in maniera opposta, dal dettaglio al generale. La qualità epidermica della pittura di Van Eyck spicca nei ritratti, come in quello di Jan de Leeuw, un famoso orafo di Bruges che viene catturato dal pittore mentre tiene fra le dita un piccolo anello (che allude al suo mestiere), in un piccolo dipinto di qualità straordinaria.

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La mostra è divisa in numerose sezioni che sono utili al visitatore per mettere a fuoco la figura del pittore e lo aiutano ad addentrarsi in quella rivoluzione ottica che ha visto la luce nelle Fiandre del primo Quattrocento. Esemplare la sala in cui la pittura di Van Eyck viene messa a confronto con la scultura contemporanea, in quell'eterna contesa fra le due arti e nella disputa su quale delle due imiti meglio la natura. Le figure dipinte dal maestro fiammingo sono spesso scultoree, intabarrate in panneggi duri e spigolosi, degne delle sculture in marmo o in alabastro presenti nella sala.
Il fulcro della mostra sono però i pannelli restaurati del grande polittico. Su tutte spiccano le due figure di Adamo ed Eva, di un realismo inaudito mai visto prima di allora. Adamo cammina in avanti, il piede destro fuoriesce dallo spazio dipinto e ci sembra quasi che possa cadere di sotto da un istante all'altro. Il ritratto del primo uomo della storia è impietoso, i tratti marcati, la barba folta e incolta e i peli sulle gambe si possono contare uno ad uno. Eva è più aggraziata in viso ma non nelle forme, e il ventre gonfio ricorda più una Venere neolitica che una Venus pudica alla quale si rifà la posa.

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L'importanza e l'influenza di tale opera è elevata a tal punto che ancora nel Novecento alcuni grandi artisti ne traggono ispirazione, come Max Ernst ne "La vestizione della sposa".
La qualità della mostra è stata resa possibile grazie ai prestigiosi prestiti attuati da alcuni dei più importanti musei al mondo, come il Jean Paul Getty di Los Angeles, il Louvre e i Musei Vaticani (peccato invece che la National Gallery di Londra non abbia prestato l'opera forse più celebre del pittore, quel ritratto dei coniugi Arnolfini che custodiscono gelosamente). Finita la mostra è d'obbligo passare per la cattedrale di San Bavone per vedere la parte centrale del Polittico dell'agnello mistico che non è stata portata nel museo ma resta visibile del luogo in cui si conserva da circa sei secoli. 

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Come avrete capito, questa esposizione non soltanto sarà la più importante dell'anno insieme a quella su Raffaello, ma sarà ricordata negli annali come la più importante realizzata sul pittore; per cui non vi resta che prenotare un volo e trascorrere un fine settimana nelle Fiandre alla scoperta della rivoluzione ottica di uno dei più grandi pittori della storia.