Tre film per ricordare Stanley Kubrick

Vent’anni fa, il 7 marzo del 1999, si spegneva uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi: Stanley Kubrick.

Fra i più geniali interpreti della settima arte, il regista americano ha sperimentato moltissimo, dagli inizi nel genere noir (“Il bacio dell’assassino” e “Rapina a mano armata”), ai film di guerra (“Orizzonti di gloria” e “Full Metal Jacket”), passando per la fantascienza (“2001 Odissea nello spazio”) e l’horror (“The Shining”), inventando immagini e piani sequenza iconici insediatesi nel nostro patrimonio visivo collettivo. Eppure l’introverso omone newyorkese ha realizzato appena tredici pellicole in quasi cinquant’anni di carriera. Kubrick, si sa, era un perfezionista; ossessiva la sua mania di controllo per ogni dettaglio del film, in particolare per la fotografia, a tal punto che poteva studiare per ore una sola inquadratura.

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La fotografia impeccabile e altamente pittorica è forse il principale filo rosso che lega una filmografia tanto variegata come la sua. La Leica fu infatti una fedele compagna ancor prima della cinepresa e il giovane Stanley aveva esordito proprio come fotografo per la rivista Look.

Ma il cinema kubrickiano non è fatto solo di un’estetica straordinaria, i suoi film si sono fatti spazio nell’ingombrante storia del cinema anche per aver trattato in maniera unica tematiche scabrose e ataviche, per aver scavato a fondo nell’essere umano come nessun altro prima. Ogni nuovo film di Kubrick si trasformava in un evento mondiale, creando spesso scalpore e facendo parlare di sé. Ogni sua nuova pellicola era destinata a diventare una pietra miliare della Cinematografia.

Per il ventennale della sua scomparsa lo vogliamo ricordare consigliandovi la visione di tre suoi celebri film.

Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba. 1964.

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Tanti i registi che hanno portato sul grande schermo la Guerra Fredda. Molti i film che riproducono in maniera fedele e credibile quel periodo storico in cui il mondo era diviso in due blocchi. Nessuno però è riuscito a mostrare l’assurdità di quella tensione mostrandone il lato comico e grottesco. Nessuno al di fuori si Stanley Kubrick, ovviamente. Il dottor Stranamore è una commedia grottesca incredibilmente pungente, una farsa esilarante e radicale di un livello ineguagliabile. Il generale Jack D. Ripper (dal nome che rimanda al celebre assassino inglese già si intuisce la vena satirica del film) vuole bombardare la Russia con ordigni nucleari senza il consenso del presidente degli Stati Uniti, che cerca a tutti i costi di fermarlo, mentre il dottor Stranamore, uno scienziato tedesco emigrato negli Stati Uniti, vaneggia teorie sulla rigenerazione del popolo americano. Una climax ascendente che culmina nell’esilarante scena finale della cavalcata atomica. Un Peter Sellers enorme che recita tre parti memorabili nell’apice delle sue doti istrioniche.

 

2001: Odissea nello spazio, 1968.

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La sua opera forse più grande, visionaria e assoluta, l’Odissea spaziale di Kubrick è un viaggio attraverso il tempo e sul tempo stesso. Nell’Africa del Pilocene (4 milioni di anni fa) dove vive un gruppo di ominidi, compare un grande monolite, che farà evolvere i primati dalla condizione di raccoglitori a quella di cacciatori. Da qui, con una dissolvenza fra le più geniali mai ideati, si passa nell’universo, dove è stato scoperto un monolite simile che emette un segnale radio allarmante diretto verso Giove. L’astronave governata dal sofisticato computer Hal 9000 ha il compito di indagare sul fenomeno. La macchina Hal è talmente all’avanguardia da essere quasi umana, e finirà per ribellarsi ai due membri dell’equipaggio. Un viaggio psichedelico accompagnato dal valzer di Strauss e supportato da interpretazioni magistrali e da effetti speciali impensabili per l’epoca e ancora oggi credibili a affascinanti nonostante l’evoluzione della tecnologia.

 

Arancia meccanica, 1971.

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Decisamente la sua opera più controversa, il film ebbe un grande successo iniziale, ma nonostante ciò verrà ritirato dagli schermi britannici su richiesta dello stesso regista, aumentandone così l’alone mitico. In uno scenario semi distopico, Alex è un ragazzo ossessionato dalla pornografia, dalla violenza e dalla musica classica di Beethoven, ed è al comando di una banda di “Drughi”. La compagine di balordi aggredisce un senzatetto e si intromette in casa di uno scrittore, rendendolo invalido e violentando la moglie. Finito in prigione per l’uccisione di una donna, Alex sarà sottoposto al “trattamento Ludovico”, un nuovo esperimento di rieducazione che lo costringerà a vedere scene di violenza che lo porteranno ad essere incapace di compiere qualsiasi atto brutale. Il suo reintegramento nella società sarà tragico e si ritroverà indifeso e incapace di godere della sua riacquisita “libertà”. Una sferzante riflessione sulla violenza e soprattutto sulla fragilità dell’individuo di fronte allo Stato e alla collettività. I costumi e tutta la scenografia straordinariamente futuristica contribuiscono insieme alla colonna sonora genialmente utilizzata a fare di questa favola inquietante un capolavoro assoluto.