I teatri mobili di Girovago & Rondella: un viaggio onirico che riporta all'infanzia dell'Uomo

Ppssssssstttt!!!

Silenzio!

Lo spettacolo sta per cominciare…

È SEVERAMENTE PROIBITO SGRANOCCHIARE OGNI SORTA DI DIAVOLERIA DISTURBANTE!

Ammonisce la presentatrice. I marmocchi in prima fila nascondono allora i gracidanti pacchetti di patatine. Cala il buio nel teatro a quattro ruote della Compagnia Dromosofista.

Fiat lux! Luci, ombre, mani, dita, braccia, corpi, ruote, pupazzi, maschere, strumenti ellenici e forse patagonici, musiche e canti, c’è tutto in questa mezz’ora di pura magia.

Manca solo la parola, troppo spesso abusata nel teatro, anche in quello di figura. Non serve a Girovago & Rondella, che emettono versi e suoni, danzando con sorella morte e trasformando le mani in cavalli, uomini e bambini.

“C’è un uomo, una ruota, delle persone; l’uomo si arrampica sulla ruota, le persone corrono…”

Un bambino descrive quello che vede ad alta voce, sembra non poterne fare a meno. È incantato, come in un sogno ipnotico.

“Ma fa parte dello spettacolo?”. Chiede una signora.

In un attimo torniamo tutti infanti, o forse all’infanzia dell’Uomo, quando le ombre di mani e corpi si proiettavano sulle caverne, muovendosi al ritmo di una flebile fiamma.

Siamo forse a Lascaux, dove l’arte ebbe inizio, o assistiamo alle fantasmagorie di Athanasius Kircher, proto-inventore del cinema con la sua lanterna magica.

Il bouzouki, la chitarra e la fisarmonica accompagnano questo viaggio a ritroso, e mentre noi ringiovaniamo tornando bambini, sul palco la fanciulla si fa vecchia, corrucciando il volto e facendosi sempre più piccola fino a sparire.

Vita e morte non giocano a scacchi, ma danzano insieme un rebetiko o un tango argentino.

Al centro del vecchio Mattatoio, questa famiglia raminga di teatranti maneschi (ma non violenti sia chiaro!) ha dato inizio al nuovo tour, che li vedrà in giro per le piazze d’Italia.

Oggi pomeriggio ultima occasione di vedere alla Città dell’Altra Economia lo spettacolo Antipodi, che sarebbe piaciuto molto a Fellini, Ceronetti e a Calder.