Morti di tifo, l’epidemia calcistica raccontata da SimonPietro Giudice

È uscito pochi mesi fa per Edizioni Eraclea Morti di tifo. L’epidemia calcistica di SimonPietro Giudice, giornalista freelance e autore televisivo romano.

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Come è nata l’idea di scrivere un libro sul tifo?

Qualche anno fa vivevo per lavoro in Inghilterra, ed è lì che ho sperimentato in prima persona la realtà calcistica dell’area in cui è iniziato il fenomeno del tifo violento. Mi è rimasta impressa una sera in cui sono andato in un pub e sulla porta c’era un cartello che vietava di entrare esponendo colori diversi da quelli della squadra di calcio di quella zona della città. Quell’episodio, unito al mio interesse, mi ha portato a documentarmi e a leggere quanti più articoli, racconti e storie su questo argomento, raccogliendo una grande quantità di informazioni che ho poi riportato nel libro.

Perché hai deciso di raccontare proprio questo lato dell’esperienza calcistica?

Il libro vuole aprire solo una delle tante possibili finestre sull’argomento calcio, non vuole essere una critica. Racconto dei fatti legati al mondo del pallone senza puntare il dito, e per giustificare questo ragionamento mi chiedo: considerando che la violenza è presente nella società in generale, come ci si può aspettare che lo sport arrivi lì dove la società non è riuscita?

Perciò il tifo non ha un’accezione esclusivamente negativa.

No, in realtà è molto di più. La vita del tifoso è segnata dai colori della propria squadra, dalle figurine dei calciatori, scandita dal fantacalcio e dai pomeriggi allo stadio tra partite memorabili e gol storici. Il fenomeno del tifo, tra l’altro, è traversale: colpisce il laureato, il bambino, l’operaio. È una passione che riunisce diversi ceti sociali sulle stesse tribune dello stadio. E tra le pieghe dei fatti tragici narrati in questo libro, la parte positiva del calcio riesce comunque a emergere.

Quanto conta la tua esperienza di giornalista nella stesura del libro?

Penso che il giornalismo sia conseguenza della curiosità e il libro è il risultato della mia curiosità. L’ho scritto in chiave giornalistica e si inserisce specificamente nell’ambito del data journalism. È un’applicazione di qualcosa di innato che poi ho affinato studiando, perché il concetto di racconto è sempre stato presente in me, fin da quando al liceo non studiavo e dovevo imbastire un’interrogazione. Il giornalismo è stata la conseguenza.

Cosa si unisce al calcio tra le pagine di Morti di tifo?

Il libro è un po’ la manifestazione delle mie psicosi, e cioè la mia passione per il calcio e il tifo, ma anche per la cultura pop. Ogni capitolo in cui si parla delle tragedie avvenute negli stadi è corredato da una parte finale riguardante l’ambientazione generale di quell’anno – il vincitore di Sanremo, il miglior film premiato con l’Oscar, il presidente degli Stati Uniti in quel periodo, i fatti di cronaca di spicco – affinché il lettore possa collocare l’evento nella cornice storica a cui appartiene, contestualizzandolo.

Stai già pensando a un prossimo progetto?

Sì, vorrei scrivere di un tema molto interessante, il calcio e le donne: la storia di due mondi che sembrano distanti ma che in realtà convivono da tantissimi anni.

Ci lasci con un commento sulla vittoria degli azzurri a questi Europei di calcio?

La vittoria dell’Italia a Euro 2020 era una gioia attesa da cinquantatré anni, e arriva quindici anni dopo quel mondiale del 2006 di cui si stavano ormai scolorendo le foto. Le nuove immagini di festa che resteranno per decenni nella memoria dei tifosi ritraggono quello che è stato il simbolo di questo meritatissimo storico traguardo: un gruppo unito di ragazzi che ha mostrato quanto l’unione profonda del collettivo possa essere il valore aggiunto in una squadra. Immagini che resteranno fino alla prossima occasione, che si farà attendere solo qualche mese, al mondiale del 2022.

Info

Morti di tifo

Edizioni Eraclea

Euro 15

Pagine 296