Gli scacchi, il gioco più artistico del mondo

Illustrazione di Mattia Cucurullo

Illustrazione di Mattia Cucurullo

16 pezzi, 64 caselle, infinite possibilità di movimento.

Per alcuni è solo un passatempo, per altri un'equazione da risolvere, per qualcuno invece è il gioco per eccellenza, che va oltre l'aspetto ludico e ricreativo, una vera filosofia.

Gli scacchi affascinano e appassionano da secoli uomini e donne di ogni età e provenienza, e hanno ampiamente invaso tutti i campi artistici, dalla letteratura alla pittura fino al cinema, proprio per la grande forza evocativa intrinseca nella scacchiera e per la compenetrazione unica di matematica, filosofia, poesia ed arte che caratterizza questo antico gioco.

Oggi sono tornati alla ribalta grazie alla chiacchierata serie targata Netflix La regina degli scacchi, che ha il merito di aver riacceso molte passioni d'infanzia sopite da tempo (la vendita di scacchiere è triplicata su Ebay negli ultimi due mesi, così come gli accessi ai siti di gioco online, merito del successo straordinario della serie tv).

Ripercorriamo allora la storia di questo gioco e del suo legame con le arti.

 

La storia degli scacchi

Re, regina, torri e cavalli; l'immaginario e l'estetica di questo gioco evocano fortemente il Medioevo, ma l'origine degli scacchi è più remota. Sarebbero stati inventati infatti nel VI secolo in India, e tracce di un gioco con delle pedine su di un tavoliere sono state trovate in tempi ancora più lontani sia nell'antica Mesopotamia che in Egitto. Diversi gli elementi della scacchiera che rimandano al Subcontinente: la bicromia nera e bianca, oltre a suggerire l'eterna lotta fra le forze del bene e quelle del male, rievoca il mandala, attribuendo quindi al gioco una forte sacralità, mentre la suddivisione in gerarchie delle pedine rimanda immediatamente alle caste indiane.

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Furono gli arabi a portare gli scacchi in Occidente intorno all'anno Mille, dove vennero apportate alcune modifiche come l'eliminazione dei dadi, epurando così il gioco da ogni forma di fortuna e fatalismo. Nel corso dei secoli si scrissero trattati e poemi (lo Scacchia ludus del 1525 dell’umanista Marco Gerolamo Vida è fra i più celebri), si crearono delle scuole, delle strategie di gioco rimaste in uso ancora oggi. La difesa siciliana, quella francese e scandinava, l’apertura spagnola e via dicendo, sono tattiche ben note agli scacchisti tutt’oggi. Nel primo Rinascimento furono i portoghesi e gli spagnoli a trionfare per oltre un secolo quando, sul finire del '500, furono sostituiti dagli italiani. Il testimone passò poi ai francesi che eccelsero nell'arte degli scacchi per tutto il '700, contendendosi il primato con gli inglesi. Nell'Ottocento il gioco divenne popolare ovunque e iniziarono a distinguersi i russi, che mantennero il primato a lungo, tanto che ancora oggi sono considerati fra i migliori giocatori al mondo.

 

Gli scacchi nella letteratura

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Per il loro valore simbolico e quasi archetipico, gli scacchi hanno sempre ammaliato gli scrittori che se ne sono serviti per condire di fascino e mistero le trame dei loro romanzi, e, talvolta, hanno costruito intere storie gravitanti intorno alla scacchiera. Il giocatore di scacchi di Maelzel di Edgar Allan Poe, pubblicato nel 1836, ruota intorno al Turco scacchista, un automa meccanico che era in grado di giocare a scacchi da solo (in realtà un inganno che nascondeva all’interno una persona molto minuta che muoveva il marchingegno e gli scacchi).

Molto celebri sono poi i romanzi La novella degli scacchi (1941) di Stefan Zweig, La scacchiera (1965) di John Brunner e La variante di Lüneburg (1993) di Paolo Maurensig; ma uno scrittore su tutti ha colto bene le caratteristiche filosofiche degli scacchi, per ergerli a simbolo stesso del suo mondo letterario: Jorge Luis Borges. Il geniale argentino ha disseminato la sua produzione poetica e letteraria di simboli come il labirinto, lo specchio, la biblioteca e appunto gli scacchi. Due sue poesie dal titolo “Gli scacchi” (Ajedrez in spagnolo), ci lasciano intendere il valore di questo gioco magico per il padre della letteratura fantastica.

Ajedrez

I

Nel loro angolo austero, i giocatori
dirigono i lenti pezzi. La scacchiera
li incatena fino all’alba alla sua severa
dimensione in cui battagliano due colori.

In essa, le figure irradiano magici rigori:
la regina armigera, l’omerica torre,
l’agile cavallo, lo scortato re,
l’obliquo alfiere e i pedoni aggressori.

Quando i giocatori se ne saranno andati,
quando anche il tempo li avrà consumati,
continuerà ancora ad officiarsi il rito.

In Oriente scoppiò questa guerra
il cui teatro è oggi tutta la terra.
Come l’altro, questo gioco è infinito.

 

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II

Vulnerabile re, mobile torre, spietata
regina, pedone accorto e sinistro alfiere
sul cammino di caselle bianche e nere
cercano e combattono la loro battaglia cruenta.

Non sanno che la precisa mano
del giocatore dispensa il loro destino,
non sanno che un rigore adamantino
sottomette il loro arbitrio e il quotidiano.

Ma anche il giocatore è in una voliera
(la sentenza è di Omar) su un’altra scacchiera
di nere notti e bianchi giorni.

Dio muove il giocatore che gli ordini impartisce.
Quale Dio prima di Dio la trama ordisce
di polvere e tempo e agonie e sogni?





Gli scacchi nella pittura

Essendo un gioco molto diffuso già in antichità, non è difficile trovare testimonianze degli scacchi nella storia dell’arte, dai mosaici pavimentali agli affreschi passando per quadri e manoscritti.

Fra i più suggestivi e intriganti non si può non menzionare La partita a scacchi di Sofonisba Anguissola, pittrice modenese fra le più importanti dell’età moderna.

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Il quadro, dipinto nel 1555 e conservato oggi a Poznan, mostra una partita in corso in un bel giardino, dove a giocare sono proprio le sorelle Anguissola. Appartenenti all’aristocratica famiglia piacentina le sorelle ricevettero un’educazione raffinata che prevedeva, oltre allo studio della pittura e della musica, anche quello degli scacchi. La protagonista della scena Lucia ci guarda con un sorriso quasi di sfida, mentre muove un pezzo sulla scacchiera. Ci viene spontaneo pensare a Beth Harmon, la protagonista de La regina degli scacchi, e forse è proprio una regina il pezzo che Lucia Anguissola sta muovendo.

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Un artista contemporaneo che invece ha ripetuto soggetti scacchistici a lungo nella sua produzione, fino a farne un emblema della sua opera, è Antonio Thellung. Pittore, scultore e scrittore (per limitarci alle attività artistiche), Thellung è stato sempre affascinato dalle figure degli scacchi, che ha riproposto in diverse modulazioni pittoriche e scultoree, sempre misteriose, sacrali ed eleganti nelle linee sinuose fra il Liberty e l’Art Nouveau. Come Giorgio Morandi utilizzava le bottiglie per farci entrare in un macrocosmo tramite il suo microcosmo vetroso, così Thellung ha usato gli scacchi per proiettarci in un mondo enigmatico dove nostalgia e ironia convivono (come scriveva di lui il grande sceneggiatore Cesare Zavattini).

 


Gli scacchi nel cinema

Il gioco degli scacchi è comparso innumerevoli volte anche sul grande schermo. Numerosi registi ne hanno capito il fascino e l’hanno inserito in alcune scene delle loro pellicole, divenute celebri se non addirittura iconiche.

La più famosa di tutte è ovviamente la scena del bergmaniano Settimo sigillo, quando il nobile cavaliere Antonius Block al ritorno dalla crociata in Terra Santa vede la Morte che lo aspetta per portarlo via. Block, nel tentativo di rimandare la dipartita, lo sfida a scacchi. La celeberrima partita a scacchi con la morte, giocata sui ciottoli di una spiaggia nordica, salverà la vita al cavaliere?

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Altrettanto mitica è la partita a scacchi giocata tra l’astronauta Frank Poole e l’Intelligenza artificiale HAL 9000 nel capolavoro di Kubrick 2001 Odissea nello spazio. Il regista, da appassionato del gioco nonché da perfezionista maniacale, si ispira ad una celebre partita giocata ad Amburgo nel 1910; ovviamente lo scontro allora era tra due giocatori umani, mentre qui il computer HAL 9000 gioca autonomamente la sua partita battendo il protagonista Frank, anticipando così il Deep Blue, il grande computer costruito appositamente per giocare a scacchi che sconfisse il Campione del Mondo in carica Garry Kasparov nel 1996.

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Il regista e pittore gallese Peter Greenaway fa un uso estremamente artistico e scenografico degli scacchi nella sua trasposizione cinematografica della Tempesta di William Shakespeare. L’ultima tempesta è un film squisitamente pittorico e teatrale, dove gli scacchi fanno parte di questo magnifico artificio barocco nel quale danza, pittura, mimo e cinema si mescolano dando vita ad un affresco complesso ma altamente affascinante.

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Di tutt’altro registro la scena di Ciao Pussycat, brillante commedia di Clive Donner che vede l’esordio di Woody Allen come sceneggiatore e attore. Una partita a scacchi a dir poco sleale, dove Victor getta via di nascosto alcuni pezzi dell’avversaria. Altro che “gambetto di donna”.

Chiudiamo questo viaggio nel mondo degli scacchi con una frase dello scrittore Pierre Mac Orlan, con il quale non possiamo che essere d’accordo:

“Ci sono più avventure su una scacchiera che su tutti i mari del mondo”