Giuseppe Patroni Griffi, “Scende giù per Toledo”

Prima di cominciare a sciogliere i miei pensieri riguardo questo libro che mi sta profondamente a cuore, che annovero tra i miei prediletti, vorrei dire che, insieme al magnifico staff dell’Amletico, abbiamo deciso di aspettare oggi come data della loro pubblicazione. Il motivo è che oggi inizia il pride month, un mese in cui vengono celebrati tutti quei modi di essere e sentire e vedere il mondo che esulano dall’eterosessualità.

“Scende giù per Toledo” è prima di tutto un libro magnifico, che consiglio a tutti di leggere, ed è un libro la cui protagonista è un femminiello. Al di là della tradizione napoletana, al di là della dimensione folcloristica, il libro parla di amore e di legittimazione: Rosalinda Sprint vuole essere vista - vuole essere letta - la sua vita è in queste pagine che grida affinché venga riconosciuta.

È questo il mese in cui si celebrano tutte le voci come quella di Rosalinda, che esistono! Esistono - esistiamo ora e siamo sempre esistiti e sempre esisteremo. Perciò, è inutile soffocare questo coro, mettetevelo bene in testa, esistiamo e cantiamo e gridiamo e a tutti noi, tutti!, vanno necessariamente riconosciuti tutti i diritti, non uno di meno, perché è giunto il tempo! Buona lettura.

Scende giù per Toledo Rosalinda Sprint, con un nome da pilota di cartoni animati. Come nei cartoni animati molteplici gambe e braccia sovrannumerarie danno il senso della caotica velocità in una nuvoletta di polvere, qui sono le voci, che si moltiplicano e sovrappongono, a far capire quanto sia priva di filtri, isterica ed esuberante la testolina della Rosalinda. Perciò, ecco che il racconto inizia in terza persona, poi Rosalinda parla, aperte virgolette e tutto, ma quando le virgolette si chiudono c’è una prima persona che ha preso brevemente il posto della terza, poi spariscono persino le virgole e una dopo l’altra le parole si susseguono senza soluzione di continuità e Rosalinda strilla.

Scende giù per Toledo e tutto (la) travolge: «A tua sorella!». Quanti anni avrà Rosalinda? Non arriverà ai venti, forse. Tutta ingenuità e chiasso questa creaturina pittata deve avere nella testa una gran confusione. La si può biasimare, d’altra parte? È una bambina Rosalinda, o poco più, e dilaga per la strada urlando come i cuccioli che ad ogni acuto verso gridano “mamma, sono qui, sono vivo!”

Per me è così naturale che in lei il combustibile della vita sia costituito dall’Amore, o meglio, dal desiderio d’Amore, del più roseo e patinato, da “e vissero felici e contenti”, ed è commovente leggere di come questa tendenza color confetto nasca nel più turpe squallore. Tra parentesi, di lacrime agli occhi questo libro ne attacca molte, così tante in così poche pagine, un po’ per ogni personaggio, c’è da piangere quasi per tutti; soprattutto, quel tremulo «non so leggere» è un colpo tanto forte al quale non si può sopravvivere se non singhiozzando. Ecco che finalmente lo dico, con questo libro dinamico fin dal titolo io grido al capolavoro.

Patroni Griffi usa sempre la parola in modo sontuoso. Ora, lo sfarzo di questo breve libro non sta tanto nelle raffinatezze decadenti di altri suoi magnifici romanzi, quanto nel movimento della vita che riesce a simulare, grazie anche all’uso dello smagliante napoletano carato con abilità da gemmologo. O più che di gemme bisognerebbe forse parlare di succosi canditi, dal momento che questo libro è sapientemente impastato, quasi fosse una di quelle prodigiose pastiere, commestibile nel piacere vividissimo che la sua lettura induce.

Se i libri potessero palpitare di vita questo sicuramente lo farebbe e potrei quasi assicurare che, tenendo la mano sulla copertina, io abbia sentito un fremito al palmo. Rosalinda Sprint, in definitiva, vuole essere viva: si aggrappa con tutte le unghie verniciate al collo della vita, urla e a suon di sgomitate ed istrioniche messinscene vuole farlo sapere a tutti che lei è prepotentemente viva.

D’altra parte, gira con il volto incorniciato dall’impalcatura del collo “alla Stuarda”, superficie che la isola e la mette in mostra, simbolo emblematico del suo ingenuo coraggio di non volersi negare al mondo così com’è. Quando col fiato sospeso noi con lei vediamo Jack sulla banchina - da non credere - Rosalinda non può trattenersi dal risolvere istantaneamente quella spasmodica speranza in un grido animalesco, in un balletto grottesco e tenerissimo. In lei lo spirito di sopravvivenza è più forte della disperazione, riveste la «mmerda» con carta da parati a fiorami azzurri e va avanti.