Giacomo Andreoli addomestica il caos nel libro Il Principe delle Stelle: "Ho preso spunto da Barack Obama"

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Oggi intervistiamo Giacomo Andreoli, giornalista romano classe '95, il cui primo romanzo "Il principe delle stelle" è stato edito nel da NeP edizioni.
Giacomo colpisce per il modo candido in cui disciplina il caos e l'esuberante curiosità che lo caratterizza; questo tratto emerge prepotentemente nel suo libro: tutto collima quasi per magia.
"Il principe delle stelle" è un'opera sci-fi in cui, durante un'invasione aliena, si mescolano i destini di un adolescente affascinato dalla visione di un film che ha lo stesso titolo del romanzo e di un presidente degli Stati Uniti (no. Non quello arancione).
Potrei definire Giacomo "chaotic good" -chi di voi gioca a D&D mi capirà- potete però farvene un'idea migliore leggendo la sua intervista.
Iniziamo?

Per prima cosa ti chiederei di raccontarmi di te, cosa fai e cosa ti piace leggere.

Sono Giacomo Andreoli, ho 25 anni e vivo a Roma. Sono un giornalista: ho scritto per giornali locali della Capitale e ora sto per concludere il praticantato alla Scuola di giornalismo della Lumsa. Negli ultimi due anni ho avuto il piacere di collaborare con il Tg3 e Il Riformista. Mi occupo principalmente di politica, giustizia ed economia. Nel tempo libero ho scritto questo libro, “Il principe delle stelle”, ma come dico sempre: non sono uno scrittore. Almeno finché non scrivo il secondo libro. Scherzi a parte, prima di tutto sono un amante dei libri. Onnivoro, direi: il mio genere preferito è la fantascienza, da cui sono quasi ossessionato, però mi piace spaziare tra opere molto diverse tra loro, sia di narrativa che di saggistica. Anche se non lo hai chiesto voglio consigliare un libro ai lettori de L’Amletico: “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello. Ma sono sicuro che voi l’avrete già letto tutti!

Potresti raccontare qualcosa in più riguardo i tuoi protagonisti e perché anche un presidente americano? A quale presidente ti sei ispirato, se lo hai fatto (la cosa bella dei libri è che puoi seguire la tua fantasia... io l'ho immaginato con le fattezze di Bill Pullman in Independence day e la personalità di Obama)?

Allora: Matteo, il protagonista del romanzo, è un ragazzo di 16 anni, primo della classe e decisamente malinconico. L’adolescenza è un periodo complicato per tutti, ma dentro di lui c’è qualcos’altro, una sorta di sfiducia per il mondo che nasconde un sentirsi inevitabilmente diverso. Poi si scoprirà perché e questo avrà molto a che fare con la fantascienza, ma non voglio fare spoiler. Dall’altro capo del mondo, negli Stati Uniti d’America, c’è un presidente che, in maniera incredibile, prova emozioni simili in relazione al suo ruolo. Ha perso lo slancio iniziale del suo mandato, è stanco e non crede più nella retorica politica che lo dovrebbe portare a sottolineare sempre gli aspetti positivi della realtà. Mi piace molto come te lo sei immaginato: in realtà anche nella mia testa è quasi così, una sorta di versione dark-combattive di Barack Obama. Quando iniziai a scrivere il romanzo vedevo che l’allora capo della Casa Bianca viveva un momento di crisi e sembrava aver smarrito la forza della campagna elettorale, preso com’era dalle difficili incombenze del suo ufficio. Mi ricordo che un giorno lo vidi in tv e pensai: è proprio invecchiato! Ecco, ho preso quello come spunto per iniziare a costruire il personaggio e mi affascinava l’idea di farlo “dialogare a distanza” con qualcuno di apparentemente opposto, ma in realtà molto simile. E tutto questo nel bel mezzo di un’invasione aliena… direi proprio che mi sono divertito.

Domanda random: qual era il tuo cartone preferito e perché?

L’unico e solo “Dragon Ball”. Penso che qualche ispirazione per il romanzo l’ho tratta anche da quelle brevi, ma infinite puntate con Goku e compagni. Mi piaceva la dinamica avvincente della storia e soprattutto il pathos che sapeva creare. Anche troppo pathos forse, ma alcuni colpi di scena sono delle vere chicche che hanno segnato l’adolescenza di una generazione intera. Non esagero.

Immagino che, in quanto giornalista, ti interessino le vite degli altri, tuttavia sei anche uno scrittore. Hai un limite nel raccontare? Cosa non racconteresti mai solo per pudore?

Qualcuno leggendo il libro mi ha detto che è rimasto sorpreso da quanto sia stato “politicamente e moralmente scorretto”, soprattutto nel descrivere alcune scene macabre. A dir la verità non me lo aspettavo: pensavo di essermi contenuto. Dopo questo commento ti direi di no, non ho grossi limiti: è vero che molti argomenti “taboo” non vengono trattati nell’opera, ma non è detto che non possa trattarli in futuro, se i lettori mi sosterranno facendomi scrivere ancora. Credo, in generale, che qualsiasi tema possa essere trattato, senza pudore: l’importante è la finalità, che dovrebbe essere il più possibile nobile. Ovviamente non scadendo in un’inutile volgarità o nel qualunquismo.

Una domanda che non ti fanno mai, eppure avresti la risposta bella pronta (cit. Santa Maradona)

Non mi è stato mai chiesto se è stato faticoso mettere assieme i vari tasselli della storia. Esprimersi è sicuramente un’opportunità e nel mio caso c’è stato anche molto divertimento. Ma sì: è stata davvero dura provare a costruire una trama complessa, ma contemporaneamente il più coerente e fluida possibile. Scrivere è una passione, ma con l’esperienza che ho fatto so che è anche un lavoro. E permettimi di dire che viviamo in un Paese che spesso non se ne rende conto.

Nirmali CarpinteriComment