Da Achille Lauro ad Anna Oxa: quando i travestimenti travolgono l’Ariston

 

Dove osano gli artisti. La funzione principe delle note, oltre al solleticare del padiglione auricolare, è quella di creare concetti, rompendo dogmi per mandare avanti una macchina altrimenti ferma. Achille Lauro c’è riuscito, oltre ogni velleità di primo posto. “Io non volevo vincere il Festival”, ha risposto il cantante a Selvaggia Lucarelli. In testa c’era ben altro, un messaggio ben più grande di un Leoncino d’oro e del palco dell’Ariston.

Il cantante ha portato a Sanremo un mutamento di genere, sia fisico che artistico. Lauro ha dato ascolto al femmineo, facendo parlare il suo lato intimo sul palco di Sanremo. Ha importato il gender fluid in un genere macho, dove il maschile prevale sul femminile, il muscolo sopraffà la grazia e il rutto surclassa il bacio. Il rap e l’Ariston monopolizzati dai suoi quattro travestimenti.

Achille Lauro (2020)

In principio fu la svestizione di San Francesco. Lauro si presenta con un abito nero dai lineamenti dorati firmato Gucci. Porta avanti il brano, poi la musica scompare e l’urlo liberatorio: “Ci son cascato di nuovo”. Via la vestaglia, via lo sfarzo e dentro la nudità totale e assoluta, l’anima spogliata. Poi le accuse: “Ma chi ti credi di essere, David Bowie?”. Lì il genio: con Annalisa si traveste proprio da “Duca Bianco”, infischiandosene delle critiche. Poi i colpi di grazia: la Divina Marchesa Luisa Casati Stampa e Elisabetta I Tudor, per dare uno scacco culturale a tutti.

Achille Lauro nel 2020

Achille Lauro nel 2020

elio e le storie tese (1996)

Facciamo dei piccoli passi indietro, tirando in ballo Belisari e Conforti, in due parole Elio e le Storie Tese. “E l’Italia è questa qua”, avrebbero cantato vedendo alcuni cantanti vittime degli stereotipi, ma al tempo stesso si sarebbero uniti al coro di Fiorello davanti alla vista di Lauro: “Questo qui sta talmente avanti che è già arrivato a lunedì”.

Elio concorderà in questa frase di Fiorello, lui che ha fatto vestire i componenti del gruppo prima da uomini d’argento nel 1996 e poi da Kiss nel 2013. La lingua di fuori di Gene Simmons fu segno di eversione, emulando quella ben più celebre di Albert Einstein. Qualcuno ci rise, altri presero sul serio il messaggio, quasi come quando sempre lo stesso Elio si travestì da Barbiere di Siviglia per urlare dallo stesso palco “Figa….ro!”

Elio e le Storie Tese in total silver al Festival del 1996

Elio e le Storie Tese in total silver al Festival del 1996

Elio e le Storie Tese nel 2013

Elio e le Storie Tese nel 2013

Loredana Bertè (1986)

Ben più serie furono le critiche mosse a Loredana Bertè nel 1986 per il finto pancione sfoggiato sulle note di “Re”, scritto da Mango. Al suo fianco altre ballerine, anch’esse col pancione. La performance destò molto scalpore e prime pagine, a tal punto che la sua etichetta discografica arrivò a recedere il contratto con la stessa Bertè. Un messaggio alla maternità dinamica che fece discutere ma che oggi, probabilmente, sarebbe stato apprezzato.

Loredana Bertè 1986

Loredana Bertè 1986

patty pravo (1984)

Si chiude con altre due donne che ebbero il coraggio di travolgere l’Ariston con un look eversivo: Patty Pravo nel 1986 scelse di indossare i panni di una geisha, omaggiando l’internazionalità in un’epoca in cui le frontiere stavano per aprirsi al diverso e in un momento in cui l’estetica era l’unico modo per sconfiggere i pregiudizi.

Patty Pravo in versione gheisha a Sanremo 1984

Patty Pravo in versione gheisha a Sanremo 1984

anna oxa (1978)

Ultimo tassello del viaggio, Anna Oxa. Un’emozione da poco nel 1978, a un passo dal successo. Un look semplice, ma addosso a una donna in quell’epoca destinato a far scintille: capelli corti e neri, giacca e cravatta con gilet nero, super eyeliner e guanti petrolio. Polemiche a non finire, ma la canzone era talmente bella che alla fine arrivò seconda, oltre ogni litigata estetica.

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Ring composition, torniamo ad Achille con la morale dell’articolo. In questi giorni i rivoluzionari da strapazzo stanno criticando il cantante per la sua estetica, appigliandosi alla voce brutta, al testo o a qualsivoglia orpello subalterno al messaggio. A loro dico: lasciate fare ad Achille Lauro quello che vuole fare.

Fino a quando non trascenderemo dall’apparenza, fino a quando non supereremo il dogma: “Eh ma ha copiato, fino a quando non cerchiamo di andare a fondo nelle cose non apprezzeremo mai l’istinto di un uomo che ha saputo collocarsi nel miglior modo possibile nel momento esatto in cui doveva farlo. Ogni epoca conosce il suo eversore, in particolare l’Ariston: dall’eleganza provocatoria di Domenico Modugno ai saltelli di Celentano, fino ai capelloni tra Di Bari e Di Capri e alle omologazioni di vestiario degli Elii. Che vi piaccia o meno, questa è l’epoca di Achille Lauro, con la faccia da diavolo e i tatuaggi in volto. Dannate cose che mi piacciono.