Follie made in Japan: cinque film che sfidano i sensi

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Il Paese del Sol Levante vanta una riserva invidiabile di grandi registi. Figure monumentali (e in gran parte già storicizzate) che non hanno paura di sperimentare con la loro arte, conducendo il pubblico al limite del riso, tramite un’ironia che passa dallo humor nero alla farsa demenziale. Qui una selezione di cinque titoli imperdibili, che vi stupiranno per l’estro folle e la vena profondamente comica e geniale.

The Glamorous Life of Sachiko Hanai, Mitsuru Meike (2003)

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Un film che si apre come un gangster movie e prosegue come una sorta di dramma apocalittico-demenziale. Sequenze lente e riflessive per una storia esilarante e totalmente folle.
Una prostituta, presente per caso nel mezzo di una sparatoria fra due mafiosi per la contesa di un pericoloso e misterioso oggetto, viene colpita da una pallottola in testa. Miracolosamente sopravvissuta, e divenuta improvvisamente geniale grazie al proiettile che nel suo cervello ha risvegliato latenti facoltà intellettuali, finisce per possedere a causa di un improbabile scambio di borse l’oggetto incriminato. Si scopre che questi non è altro che un calco dell’indice di George Bush, le cui impronte digitali possono attivare un lancio di missili caricati di testate nucleari capaci di condurre alla fine del mondo. La vaghezza di questo epilogo apocalittico, unito ad altri elementi improbabili che non smetteranno di disorientarvi, rendono questo titolo assolutamente imperdibile. Epocale la scena in cui questo dito prostetico, di colore fucsia e abbellito con uno smalto glitterato che esibisce la bandiera degli Stati Uniti, si anima come si trattasse di un vibratore e cerca di persuadere, in modo che oseremo dire molesto, la protagonista a dare inizio all’Armageddon.

The Happiness of the Katakuris, Takashi Miike (2001)

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La felice e parodistica novella che mette in campo Miike è qualcosa al contempo di adorabile e deprecabile. Un’estetica dozzinale e forzatamente (ma anche orgogliosamente) brutta è parte integrante di una storia bucolica e idillica, come di quelle che vediamo in certe pubblicità dal gusto piccolo-borghese, che non può che farci ridere. Una pensione modesta, gestita da un’allegra e dissociata famiglia tradizionalista, posta pericolosamente vicino a un vulcano attivo, diventa il luogo dove il demoniaco risorge come la lava che si fomenta nel cuore di un cratere oscuramente malvagio. Di contro, le vicende della famiglia Katakuris non fanno altro che ostentare un cieco e paradossale ottimismo, realizzando cosi un mélange di sulfurea bruttezza ed ebetica bontà tutto da gustare.

Exte: Hair Extensions, Sion Sono (2007)

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E se un giorno si scoprisse che delle – apparentemente – normali extensions fossero, vive, animate, assassine? Dietro un businness molto remunerativo, la scoperta di poter sfruttare i capelli di una ragazza che crescono a una velocità impressionante, utilizzati per creare protesi capillari, si nasconde un macabro arcano. Exte è un horror d’autore ai limiti della provocazione: un soggetto così demenziale è trattato con un rigore formale che raggiunge vertici lirici e, al contempo, parossistici. Infatti, tutto qui è eccesso e parodia. Sion Sono è un regista che non necessita di presentazioni e che ha firmato alcuni dei capolavori del cinema contemporaneo giapponese (da cult iper-mediatici come Suicide Club allo stellare Love Exposure); qui come al solito brilla per lo humor assolutamente granguignolesco e per l’originalità, il coraggio con cui tratta un soggetto del genere senza tradire il minimo imbarazzo.

Kamikaze Girls, Tetsuya Nakashima (2002)

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Sorta di teen movie melenso e iper-saturo (nei colori e nei contenuti edificanti) che riserva intriganti sorprese. Tutto ricala il prevedibile plot di una storia di formazione piena di buoni sentimenti e coronata da un epilogo catartico. Ma il punto non sta qui: occorre tenere presente come il regista, quasi distratto in questo lavoro compilativo, svolge questo modello predefinito stravolgendone totalmente il senso. Il piacere della visone risiede precisamente in questo: nel godere di tutte le assurdità che debordano dalla trama, come le mascherate, i look eccessivi, le parrucche posticce, i trucchi dozzinali che appaiono come il manifesto e la firma di questa grande opera di intrattenimento che non mancherà di farvi ridere, e forse sognare.

Pistol Opera, Seijun Suzuki (2001)

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Opera autoriale posta al termine di una lunga e prolifica carriera che dimostra come i grandi maestri non si prendono mai troppo sul serio. La pellicola si pone come una sorta di parodia di uno dei suoi film più celebri, La farfalla sul mirino (1967). La trama propone la storia di un’affascinante killer che cavalca il filone nipponico delle femme-fatale-armate, inaugurato con la fortunata saga di Lady Snowblood. Il postmodernismo trionfante di questa opera apre a una dimensione metatestuale che, oltre che riflettere sulla filmografia del regista, esplora con leggerezza un registro teatrale e farsesco che rende la visione sia colta che divertita. Un film senza dubbio di nicchia, ma di grande interesse, che potrebbe portare lo spettatore a riscoprire i precedenti lavori dell’eccentrico regista.