La controriforma e le "virtù" del Bernini censurate

Il Concilio di Trento, convocato nel 1545 da papa Paolo III e conclusosi nel 1563, definì la riforma della Chiesa cattolica, detta poi Controriforma, in contrapposizione alle dottrine calviniste e luterane.

I lavori conciliari non riuscirono a ricomporre lo scisma protestante e a ripristinare l'unità della Chiesa ma fornirono una risposta dottrinale in ambito cattolico alle questioni sollevate dai protestanti.

Il Concilio stabilì anche i precetti a cui la produzione artistica commissionata dalla Chiesa doveva attenersi, come l'aderenza alle sacre scritture, il decoro e il pudore, non dettando però regole esplicite ma affidando il controllo delle opere alle autorità religiose locali.

La Controriforma influenzò l’arte sacra del tardo XVI secolo e del XVII e, al di là delle generiche indicazioni precettistiche, la personale e libera espressione artistica che aveva animato il Rinascimento venne fortemente condizionata dal nuovo clima di rigore morale.

Appena un anno dopo la conclusione del Concilio venne decisa la censura dei nudi ritenuti osceni dell'affresco del Giudizio Universale che Michelangelo aveva realizzato tra il 1536 e il 1541 nella Cappella Sistina; il compito di rivestire con panni le nudità di alcune figure venne affidato a Daniele da Volterra che per l'esecuzione di questo  lavoro venne soprannominato Braghettone.

In occasione del restauro della Cappella Sistina concluso nel 1994 le "braghe" sono state asportate, fatta eccezione per alcune a testimonianza storica dell'influenza esercitata dalla Controriforma.

Altre opere di artisti famosi furono oggetto di censura: fra queste gli affreschi di Adamo ed Eva ritratti nudi dal Masolino e dal Masaccio nella Cappella Brancacci a Firenze, ciò che comportò la copertura dei loro genitali con foglie di fico, poi tolte con i restauri del 1984, il dipinto dell'Ultima Cena di Paolo Veronese che dovette cambiare questo titolo in  Cena a casa di Levi poiché conteneva  immagini non presenti nel racconto evangelico, i dipinti del Caravaggio di San Matteo e l'angelo e della Conversione di Saulo che, per la rappresentazione verista senza alcuna trasfigurazione o idealizzazione delle figure dei santi, vennero rifiutate dalla committenza ecclesiastica.

Una diversa censura riguardò invece la tela di Giuditta che decapita Oloferne che Caravaggio dipinse con i seni nudi ma fu poi costretto a coprire; l'effetto finale, probabilmente studiato dall'artista mediante l'apposizione di una camicia aderente per il sudore, fu però quello di una sottolineatura erotica delle forme della donna. 

Solo in tempi recenti, nel corso di un restauro della Cappella De Sylva nella chiesa di Sant'Isidoro a Capo le Case, si è scoperto un caso di censura nello spirito della Controriforma che ha interessato l'opera di uno dei protagonisti del barocco romano.

La chiesa dedicata a Sant'Isidoro da Madrid è poco nota e si trova in via degli Artisti, a poca distanza da via Veneto; la chiesa e l'annesso convento furono edificati nel 1625 dai francescani spagnoli ma dopo due anni passarono ai francescani irlandesi che ne detengono tuttora la proprietà.

La facciata con portico e doppia rampa di scale è di Carlo Bizzaccheri mentre l’interno è a unica navata a croce latina con volta a botte e quattro cappelle, due per lato.

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La Cappella da Sylva, situata a destra dell’altare maggiore e realizzata tra il 1661 e il 1663, prende il nome dal nobile portoghese Rodrigo Lopez Da Sylva che, avendola acquistata per farne la tomba di famiglia, ne commissionò l’opera a Bernini, suo amico e vicino di casa.

Attraverso il restauro condotto nel 2002 la cappella, per secoli trascurata dalla critica d’arte perché erroneamente considerata un’opera di bottega, ha potuto avere una attribuzione certa di paternità ascrivendo inequivocabilmente al Bernini la sua ideazione e progettazione mentre alla sua esecuzione provvedettero suoi collaboratori.

Il restauro ha comportato la rimozione delle tarde e pesanti ridipinture che coprivano gli affreschi dipinti da Giacinto Gimignani, collaboratore del Bernini, riportando alla luce cieli, angeli e puttini che secondo la tecnica tipica di quest'ultimo avevano il compito di dilatare illusionisticamente il ristretto spazio della cappella. 

É durante i lavori di restauro che si è arrivati a una sorprendente scoperta: i drappeggi che avvolgevano i due busti delle Virtù posti sulla parete sinistra della cappella erano in realtà pesanti corpetti di bronzo, avvitati nel marmo e dipinti talmente bene da sembrare originali. 

I religiosi irlandesi avevano giudicato l’esposizione delle due figure femminili provocatoria e scandalosa per la loro nudità e postura e avevano quindi provveduto a nasconderle ricorrendo a quella singolare mascheratura.

Rimosse le camicie bronzee, sono state ritrovate intatte le morbide forme delle due Virtù che rappresentano l’una la Carità con un disegno di fiamme tra i seni e l’altra la Verità con un sole raggiato sul petto.

Le Virtù della Carità e della Verità sono state scolpite da Giulio Cartari, allievo prediletto del Bernini, mentre a un altro allievo del Bernini, Paolo Naldin, si deve la scultura delle due Virtù della Giustizia e della Pace poste sulla parete destra della cappella.

La Chiesa e la Cappella Da Sylva sono visitabili solo su appuntamento, telefonando allo 064885359, il lunedì, martedì e mercoledì negli orari 10.00- 12.00 e 14.00-16.00.

N.B. La presenza in alcune foto del marchio della Biblioteca Hertziana ne evidenzia la titolarità. 

Franco RumiComment