Canzoni contro la violenza razziale e l'abuso di potere

Illustrazione di Federico Bonfiglio (Instagram)

Illustrazione di Federico Bonfiglio (Instagram)

“I can’t breathe”.

Le ultime parole di George Floyd risuonano in un’agghiacciante eco, fanno il giro del mondo e destano indignazione, rabbia e sgomento. Ancora una volta la polizia americana è protagonista di un fatto grave e disumano. Quel flebile grido di dolore e di supplica è diventato subito un monito, una frase simbolo contro le discriminazioni e le violenze perpetrate dalla polizia americana nei confronti degli afroamericani (e non solo).

Tanti i personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport che hanno manifestato non solo vicinanza a George Floyd, ma soprattutto sconcerto e rabbia nei confronti dell’abuso di potere da parte delle forze dell’ordine. In centinaia sono scesi a manifestare invece per le strade di Minneapolis, stanchi dell’ennesima ingiustizia a cui siamo ormai purtroppo abituati.

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Nel nostro piccolo vogliamo manifestare anche noi, e lo facciamo proponendovi alcune canzoni che parlano, più o meno direttamente, della violenza razziale e dell’abuso di potere della polizia.


Strange Fruit, Billie Holiday, 1939

Scritta e musicata da Abel Meeropol e portata al successo dalla bellissima voce di Billie Holiday, questa canzone è una denuncia contro i linciaggi subiti dai neri nel sud degli Stati Uniti. Fra le prime espressioni del movimento per i diritti civili, questo lamento Blues ha una forza evocativa incredibile, riuscendo a rendere poetica un’immagine raccapricciante come quella dello strano frutto appeso all’albero, che altro non è che il corpo di un giovane nero. L’espressione “strange fruit” è diventata nel linguaggio comune americano un sinonimo di linciaggio.

“Southern trees bear a strange fruit,
blood on the leaves and blood at the root,
black body swinging in the Southern breeze,
strange fruit hanging from the poplar trees”


Fuck the police, NWA, 1988

Un classico di culto per gli amanti del genere, uno dei brani più celebri del gruppo Gangsta Rap più famoso di tutti, gli NWA (Niggaz With Attitude). Nel 1988 col disco “Straight outta Compton” il quintetto californiano richiamava l’attenzione sui problemi di Compton e della costa ovest, e con questo pezzo denunciavano i modi bruschi e violenti della polizia locale, esprimendo una forte rabbia nei confronti loro e del razzismo dilagante. Da allora in poi furono sorvegliati speciali dell’FBI.

“A young nigga got it bad 'cause I'm brown
And not the other color so
police think
They have the authority
to kill a minority”


Cronache di resistenza, Club Dogo, 2003

Primo brano - dopo l’intro - del primo disco in studio dei Club Dogo (Mi fist). Semplicemente la storia dell’Hip-Hop italiano. Venti tracce di puro Rap che descrivono nell’arco di oltre un’ora la realtà milanese dei primi anni Duemila, fra violenza, droga, degrado e, per l’appunto, abusi di potere da parte delle forze dell’ordine. La grinta e la tecnica del trio di cani argentini è senza precedenti, come dimostrano le barre di Jake “Fame” La Furia, che citando Battiato fa riferimento ai pestaggi in galera e nelle auto della polizia…

“frà, dalle galere alle botte nelle pantere
COM'E' MISERA LA VITA NEGLI
ABUSI DI POTERE