Baro d'evel portano in scena Mazùt al Vascello: non credete a quello che vedete

“Potete non credere a quello che vedete”. L’avviso con cui inizia lo spettacolo Mazùt della compagnia Baro d’evel è un invito a fare un passo verso un’altra dimensione. Ma allo stesso tempo è anche una boutade: siamo a teatro (in questo caso il Vascello) è naturale che tutto sia finzione. Così c’è già chi tra il pubblico inizia a ridere alla prima battuta. E le risate crescono quando un uomo vestito con giacca e pantalone azzurro cielo indossa una maschera da cavallo. A quel punto comincia una danza che nei gesti appare scoordinata, ma nei suoni delle scarpe che battono sul pavimento è perfettamente identica allo scalpitare di un destriero.

“Ho paura mamma”. In sala c’è chi è rapito da questo elegante Minotauro danzante e chi invece si agita: il cavallo può destare anche terrore. Domarlo rappresenta l’obiettivo di ognuno di noi, la vittoria sulle pulsioni interiori. E i bambini sono i primi a rendersi conto di quanto possa essere difficile. Ma il ballo del mezzo uomo e mezzo animale si deve interrompere. Dagli spalti entra in scena Marlène Rostaing. E con lei arriva la pioggia: dal soffitto cadono le prime gocce d’acqua. Le classiche infiltrazioni dall’appartamento di sopra. Che però, stavolta, vengono trasformate in musica.

Con i recipienti metallici posti sotto al punto di caduta dell’acqua, Julien Cassier compone melodie. Risolve il problema con l’arte dell’ironia. Ma dopo un breve concerto, si torna a lavoro. Mentre Julien ha a che fare con carte topografiche da ordinare, Marlène si occupa delle fotocopie. Ma il getto di inchiostro nero non arriva dal basso, bensì dall’alto. E muovendo i fogli realizza delle linee sulla carta che poi stende come panni sul filo. Ne vengono fuori cinque in tutto. Le lettere del nome dello spettacolo: Mazùt.

“Due esseri alla ricerca della propria interiorità – si legge nella descrizione dello spettacolo –, perché l'umanità li supera, perché hanno perso l'istinto, perché il mondo va troppo veloce, troppe parole, troppe lettere”. Julien Cassier e Marlène Rostaing sfidano un mare di pioggia navigando con un tappeto di carte topografiche che vola sopra le loro teste, si arrampicano l’una sull’altro senza mai toccare terra, si trasformano senza mai allontanarsi.

Mazùt è un circo di animali che non esistono, di acrobati che non sfidano le leggi di gravità, di magie senza inganni. E se c’è un modo per misurare l’apprezzamento del pubblico verso uno spettacolo, allora quello è l’applauso. Oltre cinque minuti, con gli attori chiamati sulla scena più di tre volte. “Se volete consigliare lo spettacolo, noi siamo qui fino al 31”, indica Marlène al pubblico. “Tornerò anche domani”, risponde una signora. “E porterò con me anche un’amica”.