Si è felici senza accorgersene allo spettacolo di Ivano Dionigi: Dialogo tra Lucrezio e Seneca

Per parlare del pregevole spettacolo di Ivano Dionigi al Teatro Palladium, bisogna prima raccontare la platea, partendo da un episodio chiave. In terza fila c’è un uomo che si trova a un posto di distanza dalla moglie per via delle misure di distanziamento. Vorrebbe esserle vicino, ma non può. Allora allunga la mano verso il braccio di lei, glielo accarezza e poi dice sottovoce: "Come stai?".

Siamo come pedine degli scacchi: il primo blocco della platea alternato sulle caselle scure, il secondo su quelle chiare. A ogni mossa ne corrisponde un’altra. Solo che in questo caso si è tutti fermi, perché non c’è un posto libero in sala. L'occasione è importante perché si inaugura il nuovo sipario del Teatro Palladium.

Con i 100 anni appena compiuti dal quartiere Garbatella, la Fondazione Roma Tre che gestisce questo spazio culturale ha deciso di dare una nuova veste al teatro. E l’artista Pietro Tuffo se n'è occupato insieme a centinaia di studenti dell'Università. Il risultato è una "veduta a volo d'uccello" sul quartiere popolare romano, dove ogni mappa in bianco e nero si specchia su se stessa creando un effetto ottico di grande impatto visivo. Poi il sipario si apre e inizia lo spettacolo.

Una luce crepuscolare illumina la spiaggia proiettata sullo sfondo. Due teste adagiate sull'acqua si parlano, ma non esce un suono. Anche il silenzio può essere però assordante. Le parole di Lucrezio e Seneca continuano tuttora a interrogarci, sopravvivendo al tempo. Due filosofi in antitesi tra loro che, proprio per questo, ci permettono di trovare in mezzo quella via utile per orientarci tra le difficoltà della vita. Anche se i loro ragionamenti seducono allo stesso modo. "Ogni volta che ti schieri per l'uno ti assale il dubbio che la ragione stia con l'altro", scrive Dionigi nelle note di scena. E come si può dargli torto? Siamo di fronte a due tra i più grandi pensatori della storia, interpretati da due attori di pari livello: Enzo Vetrano e Stefano Randisi. Che si scontrano, si deridono e si allontanano. "La verità non dipende dal consenso, è nemica del numero. Vive in solitudine, lontana dal plauso e dal volgo", dice Lucrezio a Seneca. Che risponde: "Tu hai una spiegazione per tutto, una risposta per ogni domanda. Tu hai familiarità con le risposte. Io no, io abito le domande". E poi prosegue: "A me interessa capire, non credere. Non quello che siamo, ma quello che possiamo e vogliamo essere: questo mi è stato sempre a cuore. A me interessa conoscere non per piacere o per scommessa, ma per imparare a vivere e a morire".

Sono passi dello spettacolo, ma anche del libro Quando la vita ti viene a trovare. Lucrezio, Seneca e noi (Editori Laterza) che è difficile trattenersi dal comprare. Ci permette di riflettere, come la rubrica Tu quis es? che Dionigi tiene per Avvenire, e di sondare le ragioni del vivere. "Noi cerchiamo ricchezze, onori e potere per fronteggiare e rimuovere la morte, per trovare una via di fuga e di sopravvivenza nell’aldiquà. Soldi e potere sono figli della paura della morte". Stavolta è Lucrezio a parlare, ma Seneca riesce (se possibile) ad andare ancor più in profondità. "Infelice chi non è mai stato infelice e felice chi non ha bisogno della felicità".

E questa frase racchiude un po' tutta la serata. Infelici per le distanze, le difficoltà delle norme di sicurezza, l’annuncio dello speaker ("Prima fila esce a destra, seconda fila a sinistra") un po' lo siamo. Ma forse è proprio per aver assaporato questa infelicità che quando ci sediamo e possiamo vedere lo spettacolo che siamo felici. E non ce ne accorgiamo.