Nella testa di Valentina

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Ho sentito parlare dei disegni di Valentina nei corridoi della Sapienza, così, per caso. Sono rimasti solo una voce fino a quando mi sono imbattuto nella sua pagina Instagram. Subito mi ha colpito quel tratto così leggero, essenziale, quelle teste atarassiche e allo stesso tempo espressive con quei capelli come filamenti. Ho deciso di scoprirne qualcosa di più.

Ciao Valentina, com'è andata la quarantena, è stato un momento di creatività per te?

All’inizio è partita un po' male, avevo l’ansia da reclusione e voglia di evadere il più possibile. Poi è arrivato anche il momento creativo, ho iniziato a disegnare e devo dire che le prime settimane sono state abbastanza produttive.

È stato anche un atto di evasione per te?

È stata proprio un’esigenza. Ho disegnato molti fiori perché sentivo proprio che mi era stata rubata la possibilità di poter vedere fiorire la città, che è poi uno dei momenti che preferisco.

Primavera proibita

Primavera proibita

Qual è stato il tuo percorso di formazione?

Io ho studiato a Venezia, Musicologia e arti dello spettacolo, poi sono stata a Parigi due anni e mezzo ed ho fatto un master in audiovisivo e mi sono interessata molto al cinema di animazione (sul quale ho fatto entrambe le tesi). Ora a Roma sto studiando storia dell’arte alla Sapienza.

È dal cinema di animazione che ti sei appassionata al disegno?

Lì per lì non me ne sono resa troppo conto; all’inizio mi piaceva la stop motion, ho comprato la plastilina e mi sono iniziata a divertire con quella. Poi ho iniziato a frequentare molte persone che avevano a che fare col disegno, ex graffitari che passavano tutto il giorno a disegnare tag e altre cose. Arrivata a Roma ho frequentato studenti di fumetto e design, e ogni tanto mi mettevo a disegnare, così anche per gioco o per distrarre dei pensieri, però era una cosa rara. Quindi in realtà è una cosa che si è sedimentata lentamente.

Come è nata l’idea delle Teste di Valentina?

È iniziato molto casualmente. Un mio amico mi aveva scritto dicendomi “questa notte ti ho sognato però mi sa che avevi sbattuto la testa”. Allora mi è venuta in mente questa testa aperta con dentro delle uova che vengono sbattute e l’ho disegnata. Ricordo che era agosto ed ero a Roma da sola, mi sentivo un po' confusa, allora in quei giorni ho disegnato altre teste. Quello con le trecce appese che si chiama “hangover” l’ho fatto perché ero veramente in quello stato, sia psicologico che fisico.

Hangover

Hangover

Quindi sono tutte autobiografiche? È un modo per raccontarti?

Sì assolutamente. È nato tutto da una necessità, non avevo mai trovato un canale di espressione che fosse realmente mio, ho provato tantissime cose dalla danza al violino, ma non era mai stata una scelta profondamente sentita. L’ho trovato quindi col disegno.

Quando ti sei resa conto che effettivamente ti riusciva bene e quello che creavi piaceva anche alle persone?

Ti dirò la verità, è partita quasi subito questa cosa. Ho fatto vedere le prime teste che avevo creato a delle amiche, poi le avevo pubblicate su Facebook ed avevano subito attirato parecchio l’attenzione. Poi mi sono accorta che avere quel nucleo fisso del volto mi aiutava e mi dava un sacco di idee. Quindi il fatto che mi frullasse così tanto il cervello e che ci fosse subito un buon riscontro mi ha dato una spinta ad andare avanti. Poi la cosa è cresciuta e io mi sono accorta proprio che avevo bisogno di farlo, che mi piaceva imparare ed evolvere.

E poi sono arrivate le prime mostre?

Sì la prima mostra è stata ad una libreria di una mia amica a Centocelle; lì avevo deciso di stampare i disegni e venderli, e siccome ho degli amici che hanno una serigrafia autogestita sono andata da loro e mi hanno insegnato a realizzarle. Poi c’è stata una mostra alla Tevere Art Gallery, e poi a Venezia al Festival delle Arti.

Nei tuoi disegni mi sembra che non sia indifferente anche un certo risvolto sociale, (penso ad esempio all’immagine della Terra che viene mangiata col cucchiaino), è così?

Per me è una cosa abbastanza istintiva, non lo faccio perché voglio dichiarare qualcosa, se è una cosa che sento mi viene naturale; io non mi sono mai sentita un’attivista, ho partecipato quando mi sentivo di partecipare a delle manifestazioni ma per me era naturale perché magari mi stavano a cuore quelle tematiche.

Hai mai pensato di aggiungere a queste immagini delle parole e fare quindi un fumetto o una graphic novel?

All’inizio sì, nei primi disegni ho provato a fare qualcosa del genere, avevo creato dei personaggi che ogni tanto facevo parlare, ma non li ho ancora pubblicati. Più che delle graphic novel mi piacerebbe fare delle strisce. Ho diverse idee in mente ma ancora gli devo dare forma, questa cosa dei personaggi per ora è un gioco che mando ad alcuni amici ma potrebbe avere un’evoluzione…

L’ultimo disegno che hai pubblicato su Instagram si chiama “leggenda longobarda”, ed esplicita il tuo interesse per l’arte medievale vero?

Sì diciamo che uno dei periodi storici che mi piace di più e su cui mi sto specializzando è il Medioevo. Questo disegno nasce da una breve leggenda dei Longobardi che dice "andate al campo di battaglia al sorgere del sole, le donne con i capelli sciolti sotto il mento come lunghe barbe", ed è un’immagine molto suggestiva. Allora ho ragionato molto su come farla e poi ho realizzato questo disegno. Mi piacerebbe farne altri di questo tipo, una serie legata proprio all’arte.

Leggenda Longobarda

Leggenda Longobarda

Cosa ti piace dell’arte medievale?

Sicuramente la forza evocativa e simbolica che ha nella sua essenzialità, poi a livello estetico mi ha sempre attirato il grafismo, ed effettivamente nei miei disegni questo interesse risalta. Inoltre credo di rispecchiarmi maggiormente nell’arte medievale, perché io ho bisogno di togliere, di sottrarre.

C’è anche un legame con la tua terra d’origine in questo interesse?

Sicuramente sì, il Veneto ha molti resti visibili del Medioevo. Ricordo che da piccola uno dei luoghi che mi aveva più affascinato era il castello di Soave vicino a Verona, mi aveva proprio folgorato.

Delle varie città in cui hai vissuto qual è stata quella più stimolante?

A livello di flussi emotivi e di scosse Roma e Venezia sono più o meno sullo stesso piano. Venezia ha questo sapore suggestivo, c’è l’acqua, è piccola, non ci sono le macchine, il tramonto è sempre molto visibile, c’è questa atmosfera molto teatrale. Roma invece è questo mix assurdo di casino, frenesia, dove c’è l’antico che ti crolla addosso e allo stesso tempo questa fauna che si rimpossessa dei suoi spazi, un mix di mondi e anche di persone e diversità. Parigi francamente a livello estetico mi ha sempre molto deluso, per me non è così suggestiva, poi è molto poco verde. Però c’è un grande scambio culturale, diciamo che se già sai quello che vuoi fare e ti servono i contatti allora Parigi va benissimo. Roma e Venezia invece sono città che ti danno, ti stimolano, anche se tu non sai cosa vuoi fare nella vita.

Tornando alle tue illustrazioni, ce ne sono alcune che mi hanno colpito molto, come questa: “La claustrofobia è un pianto per la libertà”

L’idea per questa mi è venuta come un’immagine improvvisa (mentre spesso le creo riflettendoci su). Mi sono immaginata il filo spinato con una persona dietro ed ho pensato di disegnarla. Sicuramente era un periodo in cui mi sentivo in trappola, nel senso emotivo, quindi era una claustrofobia ideale, anche se poi è subentrata anche quella vera.

Claustrophobia is a cry for freedom

Claustrophobia is a cry for freedom

Questa invece “fammi diventare un campo di fiori”, ricorda un po' la forma del Coronavirus, è voluto?

Quella l’ho fatta in quarantena ma non è voluto. Era un momento in cui avevo tantissima voglia di uscire, di andare su un prato, volevo diventare proprio un campo di fiori! Mi era piaciuto l’accostamento di colori, poi quando l’ho finito ho detto “oh cacchio, sembra il Coronavirus” (ride, ndr).

Fammi diventare un campo di fiori 

Fammi diventare un campo di fiori

Queste immagini a volte sembrano pesanti, nel senso che si percepisce anche quello che c’è dietro, eppure sono al contempo così lievi.

Diciamo che a volte questa cosa mi lascia perplessa, perché io esprimo quello che provo e poi alle persone sembrano così eteree, quando magari avevo un sentimento interno molto più turbolento. Poi però mi dico che alla fine è giusto così, perché esprimo evidentemente due modi di essere. Una volta ho disegnato dopo che avevo bevuto un po' ed avevo caricato di più, ho disegnato in modo più diretto, e quindi secondo me il disegno era uscito leggermente meno preciso e pulito, con meno controllo sul tratto.

Trail

Trail

Tu lavori anche su commissione?

Sì mi è capitato alcune volte che mi chiedessero di realizzare dei disegni, o a carta bianca o chiedendomi un soggetto. Oppure mi hanno chiesto disegni ispirati a libri, copertine di album e cose simili. Una ragazza una volta mi aveva chiesto di realizzare un disegno da regalare ad una sua amica, l’unica condizione era che ci fossero dei fiori e dei capelli, ed ho fatto questo.

Growing Sara

Growing Sara

Hai progetti per il futuro prossimo?

Avrei dovuto fare due mostre in questo periodo, una presso la libreria di Zalib e una al circolo Koke a Monteverde, e chiaramente sono state rimandate. Poi sarei dovuta andare al Crack festival ma non credo si farà, vediamo se a Venezia si farà il festival dell’arte. Al momento poi oltre a vari disegni sto facendo delle prove con un filo di lana su una tela (molto terapeutico), e poi vorrei sviluppare il discorso storia e arte con altri disegni come quello dei Longobardi.

Insomma tante idee e progetti in cantiere

Sì, vediamo cosa si riuscirà a realizzare anche con questa situazione, ma le idee non mancano.