La necessità di una serie come Fleabag

Dal 17 Maggio su Amazon Prime Video è disponibile la seconda e ultima stagione della serie britannica Fleabag. L’opera al femminile scritta e interpretata da Phoebe Waller Bridge debutta nel 2016 su Bbc Three e viene pluripremiata agli ultimi Emmy Awards nella categoria comedy. Vi raccontiamo i perché che rendono questa serie un gioiello grezzo imperdibile.

Fleabag (Sacco di pulci, n.d.r.) è il soprannome della protagonista, una giovane smarrita geniale e nostalgica che arranca maldestramente tra le calamità della vita e affronta il fluire di una feroce realtà aggrappata alla sua zattera di spregiudicatezza. Tra le interessanti peculiarità della sceneggiatura troviamo la rottura della quarta parete, mediante la quale Fleabag si rivolge al pubblico durante la sua storia, aprendo un varco identificativo che trascina inconsapevolmente lo spettatore nella babilonia di una vita non sua.

Fleabag.

Fleabag.

Questa dissacrante non favola contemporanea può essere considerata una tipica “dramedy”, dove la narrazione scinde e contrappone la parte drammatica, brutale e agghiacciante, da quella esilarante, accattivante e straordinariamente divertente. Le tematiche trattate, quali la famiglia, le relazioni, il sesso, il lutto, il suicidio, vengono impavidamente scardinate dalla comune matrice delle sceneggiature moderne, che presumono di mostrare una rappresentazione quanto più realistica e spudorata, accettando però il compromesso di un’immagine finale che non prescinde dai canoni di accettazione.

Fleabag è un archetipo femminile alla quale l’autrice sceglie di non dare un nome. Rappresenta senza filtri una generazione di donne trentenni, indipendenti e anticonformiste che fuggono dal definirsi, affrontando il proprio tempo scavalcando faticosamente quegli  stereotipi generazionali che smaniano per richiuderle in paradigmi convenzionali. La sua famiglia viene rappresentata come luogo fisico e disfunzionale che riesuma antichi dolori e sensi di colpa seppelliti, nella quale però non mancano momenti di estrema intimità e condivisione di una sfortunata sorte. Ogni personaggio viene veracemente e minuziosamente caratterizzato con lo srotolarsi degli eventi, come a scoperchiare lentamente dei vasi emotivi che influiscono sul precario equilibrio esistenziale della protagonista. Attraverso ogni puntata (sono due stagioni da sei episodi ciascuno) verrete travolti da continui sentimenti antitetici che vi porteranno ad un’immedesimazione infine viscerale che, al concludersi dell’opera, vi lascerà svuotati e pieni di interrogativi.

L’amore e l’intimità, il sesso e l’attrazione, vengono spogliati dalla patina irrealistica della razionalità, del bello a tutti i costi, del consueto nell’immaginario delle vite fintamente perfette in cui, alla fine, si sistema tutto. La vita di Fleabag è assurda e frustrante, ingrata e beffarda, scandita da fasi che si demoliscono a vicenda ma al contempo insegnano come sia possibile resistere nel ruolo di protagonista beffarda della propria storia anche quando muore la speranza, che dicono sia sempre l’ultima a farlo, ma in questo caso poco importa.

Una storia che stordisce, sconvolge, annichilisce, conforta, consola, disgusta, consacra e dissacra animi feriti e interi, empatici e stoici, vicini e lontani da un personaggio che ci mostra l’impossibile e incantevole affresco dell’esistere.