Iodegradabile: la maturazione di Willie Peyote, fra irrisione e riflessione

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Anno: 2019

Genere: Hip-hop/Rap

Etichetta: Universal Music Italia

A due anni da “Sindrome di Toret” Willie Peyote torna in sala di registrazione per realizzare il suo quarto album in studio: “Iodegradabile”.

Il primo singolo estratto “La tua futura ex moglie”, uscito il 30 agosto per la Virgin Records (prima Major con la quale collabora), aveva fatto presagire un notevole cambiamento musicale.

Il trentaquattrenne torinese si lascia alle spalle l’Hardcore Rap dei primi dischi per approdare ad un poliedrico pastiche di suoni, che attingono dal Funk al Rock passando per la Black music, con spolverate qua e là di Pop e Trap.

Un avviso agli affezionati: non significa che il Peyote non sia più lo stesso o che si sia snaturato per seguire l’onda del gusto. Le sonorità sono nuove per il Rap italiano (per fortuna!), ma nei testi ritroviamo il cinico e caustico Willie che siamo abituati a conoscere, quello irriverente quanto uno stand up comedian. Riferimento quest’ultimo non casuale, visto il featuring con Giorgio Montanini in 7 Miliardi (no, Massimo Pericolo non c’entra).

L’immagine di copertina del disco (il suo volto confezionato in una vaschetta di plastica del supermercato), lascia intuire già insieme al titolo quale sarà il fil rouge dei 34 minuti di musica che andremo ad ascoltare.

I dodici brani – dieci se si tolgono i due Skit inseriti – parlano di consumismo, del tempo e del nostro rapporto con esso, come esplicita l’Intro dove una “signorina buonasera”, proprio come le annunciatrici Rai, introduce l’ascoltatore nel disco.

“Buonasera, andrà ora in onda dai nostri studi di Torino una nuova puntata dello sceneggiato Iodegradabile, scritto e interpretato da Willie Peyote. Il tema portante della puntata di oggi è il tempo e il rapporto dell'uomo con esso, cercando di rispondere alla domanda: "Sapessimo il tempo che resta, sapremmo davvero usarlo meglio?”

Si comincia subito con un brano duro che colpisce per schiettezza e lucidità; “Mostro” parte con un sound molto soft ma dopo pochi istanti si accende coi colpi dell’elettrica di Danny Bronzini, raccontando e irridendo la situazione politica italiana, in particolare il governo giallo-verde (al potere mentre Willie componeva il disco).

Prosegue sulla scia della riflessione amara anche il brano “Catalogo”, che nonostante il ritornello dal jingle molto radiofonico tratta argomenti seri e delicati, come la paura di invecchiare, l’ossessione per l’estetica e il bisogno di apparire.

Cambiando cellulare, sempre vecchio
Ringiovanisce la figura nello specchio
Ritratto del moderno Dorian Gray
È il selfie di un cinquantenne
Con l’ego adolescente tipo brufoli e apparecchio

Il punto più alto del disco si raggiunge probabilmente con Mango. Fin dalle prime note con un basso ipnotico si percepisce la profondità e la forza del brano dedicato al cantante omonimo, morto sul palco mentre si stava esibendo in un concerto nel 2014.

Io mi sento responsabile di ciò che scrivo
E non vi devo niente in cambio più di ciò che scrivo
Non voglio fare il divo però sputo finchè campo
Finché morirò sul palco
Chiedendo scusa come Mango.

E l’elettrica chiude in un assolo dardeggiante…

Il disco, concepito e realizzato a Malaga in un mese, è frutto del lavoro di un intero gruppo di musicisti, gli ALL DONE, band composta da Kavah, Danny Bronzini (chitarra), Luca Romeo (basso), Dario Panza (batteria), e Marcello Picchioni (synth e piano). Nella stanza di un appartamento della città andalusa i sei artisti hanno creato la musica in un clima quasi da jam session, con un grande senso di improvvisazione.

La scrittura dei brani però, sebbene supportata anche dagli altri, spetta grosso modo a Willie, ed è sempre il marchio di fabbrica dei suoi dischi. Una scrittura ironica e tagliente, ed anche fortemente citazionistica; non gliene vogliano però gli affezionati del genere se i riferimenti non sono più ai Colle der Fomento e a DJ Gruff, ma a Pino Daniele (con quel “Oh mamma mia” in Quando nessuno ti vede) e a Mango. L’ascoltatore attento riconoscerà comunque anche un omaggio a Fabri Fibra, che Willie Peyote riconosce come colui che lo ha spinto a fare il rap (lui che aveva cominciato suonando il basso in una band punk rock).

Con “Iodegradabile” Guglielmo Bruno raggiunge una piena maturità e consapevolezza di sé, portando ancora una volta qualcosa di assolutamente nuovo nella scena. Un disco complesso e contro ogni tipo di semplificazione, che parla di consumismo ma che non può essere semplicemente consumato. Va ascoltato, più volte, e va soprattutto riflettuto e lasciato decantare, perché per capire bene certe concetti a volte c’è bisogno di tempo.

Willie ci ricorda che tutto si degrada, si consuma, gli oggetti, le relazioni ed anche il proprio io e il proprio ego, come recita il titolo del disco.