Il buco, lotta per la sopravvivenza in spazi chiusi

In tempo di vita isolata, code ai supermercati per accaparrarsi i prodotti alimentari e fughe per tornare a casa, che hanno suscitato dibattiti sull'egoismo dell'essere umano, arriva al momento giusto su Netflix The Platform, chiamato Il buco in Italia. Il titolo originale è El Hoyo ed è l’opera prima del regista spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia.

Ambientato unicamente in spazi chiusi – in linea con il periodo di quarantena da Coronavirus – il film unisce più generi (survival horror, fantascienza e thriller distopico). Al suo interno contiene però alcuni messaggi, in particolare dei richiami a tematiche sociali e religiose, come già accaduto per altre pellicole horror degli ultimi anni come, ad esempio, Scappa - Get Out del 2017.

La trama

Il protagonista è Goreng (interpretato da Iván Massagué) che si ritrova all'interno di una sorta di carcere strutturato verticalmente su più livelli. Al centro di ogni cella, formata da due persone (l'anziano Trimagasi è il suo compagno), c'è un buco che permette il passaggio di una piattaforma con una tavola imbandita, che parte dal piano più alto, il ‘livello 0’. Questa funziona come un ascensore: si ferma in ogni piano per consentire di consumare i resti delle varie pietanze entro pochi minuti. La piattaforma, partendo sempre dall'alto carica di cibo, nelle ultime celle arriva con i piatti vuoti, lasciando digiune le persone dei livelli più bassi, mettendo così a dura prova la loro sopravvivenza. Di conseguenza, chi sta ai primi livelli mangia di più. Inoltre, gli abitanti delle celle vengono spostati ogni mese da un piano all'altro senza un criterio apparente. Conosceranno, dunque, sia la ricchezza che la povertà.

Nei piani più alti nessuno pensa di lasciare cibo a sufficienza per gli altri. Come spiega il compagno Trimagasi, che disprezza chi sta sopra di lui ma soprattutto chi sta sotto, ognuno pensa per sé. Goreng proverà a cambiare le logiche che governano la prigione tra egoismo, avidità, uccisioni, cannibalismo e defecazioni.

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tra lotta di classe e religione

Dicevamo dei temi sociali e religiosi. Sì, perché Il buco non è soltanto un semplice film horror, ma ha un contenuto simbolico.

Troviamo la diseguaglianza sociale, argomento già affrontato nel premio Oscar 2020 Parasite, diretto da Bong Joon-ho, attraverso la distribuzione del cibo. Nei livelli più bassi trovano posto gli ultimi, che ottengono solo le briciole, mentre è evidente l'ingordigia di chi sta sopra. Allo stesso tempo, chi riesce ad arrivare in alto e ha quindi conosciuto la scarsità di cibo, diventa avido come quelli che occupano i livelli più alti.

Il protagonista proverà a rivoluzionare le logiche della struttura, distribuendo egualmente gli alimenti insieme al nuovo compagno di cella Baharat. Goreng, a differenza degli altri che hanno scelto di portare nel carcere oggetti contundenti o animali, ha portato con sé una copia del Don Chisciotte.

“Sono entrati con qualunque cosa: pistole, balestre, coltelli, mazze da baseball. Nessuno ha mai chiesto di portare un libro”.

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Per quanto riguarda l'aspetto religioso, nel corso della pellicola il protagonista viene spesso chiamato ‘Il Messia’ e nella parte finale assumerà sempre più le sembianze di Gesù Cristo, oltre che del suo Don Chisciotte.

Il ‘piano 0’, quello più alto in cui si preparano i pasti, può essere accostato al Paradiso. La preparazione del cibo, cucinato dagli chef e impiattato curando ogni dettaglio ma poi stuprato dai prigionieri, è come un rito sacro.

I livelli più bassi rappresentano la discesa verso l'Inferno. E alla fine, sarà la creatura pura a mandare il messaggio in Paradiso.

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‘il buco’ durante il coronavirus

Oltre ai riferimenti sociali e religiosi, il film arriva su Netflix al momento giusto e un parallelismo con il periodo attuale è inevitabile. L’isolamento della cella è la quarantena, l’ingordigia per il cibo può essere l’assalto allarmistico ai supermercati per acquistare prodotti non necessari e i prigionieri che pensano prima a loro stessi sono quelli che hanno sfidato i divieti, spesso diffondendo il virus.

L’esordio di Galder Gaztelu-Urrutia promette bene ed è positivo per un genere che negli ultimi anni ha mostrato un’assenza di idee. In questo caso, però, l’idea c’è ed è ben sviluppata. La speranza per il futuro di questo genere cinematografico sono proprio film come Il buco (o il già citato Get Out di Jordan Peele, ma anche Us dello stesso regista e It Follows del 2014), che hanno diversi riferimenti al loro interno e non la semplice trama da classico horror da vedere distrattamente mentre si chatta, tra una testa mozzata e viscere divorate.