Germania dell’Est: passione e inquietudine al di là del Muro 

Gundula Schulze Eldowy, Berlino, 1987. "Berlin on a dog's night"

La decade che ha preceduto la caduta del Muro di Berlino è stata un periodo molto interessante per le arti nella Deutsche Demokratische Republik. Ad affermarlo è Sonia Voss, la curatrice che ha portato all’edizione 2019 del Festival d’Arles una serie di fotografie finora rimaste all’ombra di quell’indetergibile amalgamento di ferro e cemento armato che ha diviso il mondo per ben ventotto anni. 

Si tratta della prima generazione che non ha testimoniato la nascita dello Stato socialista tedesco e quindi non si lasciava coinvolgere troppo dallo scenario politico-militare. “Erano piuttosto stanchi e infuriati con tutte le restrizioni imposte, e quindi per loro era più facile non fare caso alle norme e spingere oltre i limiti rispetto alle generazioni precedenti”, ha spiegato Voss alla CNN.

Intitolata “Corpi inquieti” la serie mette in primo piano appunto i corpi stessi come forma di manifestazione culturale e affermazione dell’identità. “Fotografare il proprio corpo è stato un atto di resistenza in una società che scoraggiava l’individualità e guardava dal di sotto le arti. E nel fotografare gli altri, gli artisti hanno potuto provvedere documenti duraturi della realtà della Germania dell’Est”, ha aggiunto la curatrice. 

Ute Mahler, Berlino, Winfried Glatzeder, Robert and Philipp, 1982. "Living together"

Ute Mahler, Berlino, Winfried Glatzeder, Robert and Philipp, 1982. "Living together"

Come è il caso di Ute Mahler, una delle artiste selezionate, la cui serie “Vivere Insieme” comprende ritratti di famiglia scattati a Lipsia. Nelle didascalie, lei spiega: “Ho voluto dare una sbirciata dietro alle façade della retorica ufficiale di ottimismo. Ho cercato quello che era reale nella vita privata delle persone”.

Allo stesso modo, anche le fotografie della comunità punk di Lipsia fatte da Cristiane Eisler mostrano uno scorcio di un mondo privativo. 

Christiane Eisler, Mita and Jana, ragazze punk a Berlino, 1983. Credito: Christiane Eisler / transit/www.transit.de/Christiane Eisler / transit

Christiane Eisler, Mita and Jana, ragazze punk a Berlino, 1983. Credito: Christiane Eisler / transit/www.transit.de/Christiane Eisler / transit

“Lei li ha inseguiti ovunque per un lungo tempo. Era una comunità fortemente repressa dalla Stasi. Questi ritratti assai malinconici sono dovuti alla tensione tra rabbia e disperazione, che era onnipresente nella DDR”, ha sottolineato Voss.

Sibylle Bergemann, Heike, Berlino, 1988 (Allerleirauh).

Sibylle Bergemann, Heike, Berlino, 1988 (Allerleirauh).


La fotografa di moda Sibylle Bergemann è stata commissionata da riviste popolari, ciononostante è riuscita a documentare anche scene della moda underground. 

“Lei ha creato un gruppo insieme a giovani designers che creavano abiti con qualunque cosa riuscissero a trovare, per sviluppare un stile che non si poteva vedere nei negozi. Loro hanno realizzato un sacco di spettacoli illegali che hanno ottenuto un grande successo, e Sibylle ne ha fotografati molti”, ha precisato Sonia. 

Manfred Paul, Verena -- Geburt 3, [Verena -- Birth 3], 1977.

Manfred Paul, Verena -- Geburt 3, [Verena -- Birth 3], 1977.

Mentre Manfred Paul è conosciuto soprattutto per le fotografie dei cortili di Berlino, la serie punta sui ritratti che lui ha fatto a sua moglie mentre dava alla luce il loro primogenito. Con la loro intimità offrono un contrasto radicale al discorso sociale visto altrove. 

Il fotografo autodidatta York der Knoefel ha speso due anni documentando un macellaio a Berlino. “Lui ha visto in ciò una metafora della condizione umana e sacrificio per la società”, ha affermato Voss.

York der Knoefel, from the Schlachthaus series [Slaughterhouse], 1986-1988.

York der Knoefel, from the Schlachthaus series [Slaughterhouse], 1986-1988.


“Per realizzare i ritratti, ha creato un'installazione fatta di piatti zincati che formavano un labirinto. Lui è il tipico esempio di come un giovane che non ha avuto accesso all’educazione standard ha veramente spinto oltre i limiti della fotografia”.

Gli eclatanti ritratti fatti da Rudolf Schäfer provengono dall’obitorio del Charité Hospital a Berlino Est.

“Ho esposto questa serie nella stessa sezione dei ritratti, perché per me ciò è stato come una ricerca dell’ultima essenza di un individuo. Quando tu sei un cadavere, non sei più una cosa sociale, non sei più parte della società, sei soltanto te stesso nell’essenza del tuo essere”, ha concluso Voss. 

Rudolf Schäfer, Der ewige Schlaf -- visages de morts [The Eternal Sleep -- Faces of the dead], 1981.

Rudolf Schäfer, Der ewige Schlaf -- visages de morts [The Eternal Sleep -- Faces of the dead], 1981.