Dritti al punto con Simone Colongo

Dritto al punto è il motto del Marsiglia calcio, ma anche la frase che compare sullo stato what’s app del grafico Simone Colongo, in arte Sim Uan. E durante la conversazione che abbiamo non tergiversa: cerca sempre risposte precise e sta attento a che la sua persona venga descritta bene, senza alterazioni. D’altra parte anche i suoi lavori sono molto fedeli agli originali da cui si ispira.

Nell’illustrazione Chris Bosh

Che ruolo ha lo sport nella tua vita?

Ho nuotato per circa 20 anni da agonista, fino a che non ho smesso. Era diventato un lavoro non retribuito e la pressione psicofisica, insieme alle numerose ore di allenamento, non erano più sostenibili.

E la passione per il basket com’è nata?

In parallelo, c’è sempre stata. Quando potevo, i weekend senza gare andavo a giocare nei playground romani, sperando di non infortunarmi, per poi ritornare il lunedì in vasca. Quando mi sono ritirato dal nuoto, dopo un paio d’anni di relax sul divano, mi sono detto: “Devo riprendere a fare sport e ritrovare l’adrenalina della competizione. Perché non mettermi in gioco?”. Ho trovato un campionato amatoriale di basket, l’AICS, e ora sono quattro anni che gioco come ala grande.

Hai realizzato tante grafiche di giocatori di basket. Di nuotatori, invece, non ne vedo.

È vero, non ce ne sono. Non le ho mai affrontate, forse non mi è mai interessato.

Per quale motivo?

Anche per questioni di lavoro, che è andato prima nella direzione del calcio e poi del basket.

Ho visto che hai collaborato per l’As Roma in alcune pubblicazioni.

Pensa che tutto è nato quando mi venne regalata una tavoletta grafica professionale. 

Quanto tempo fa?

Circa 6-7 anni fa. Sai quei regali che scarti e poi metti nell’armadio? Ecco, anche quella finì nel dimenticatoio. Poi, dopo un po’ di tempo, mi sono detto: “Perché non provare a disegnare a mano libera?”. Diciamo che l’approccio può sembrare amatoriale, da fan art, ma dietro ci sono stati 15 anni di studi di settore.

E come sei arrivato in contatto con l’As Roma?

Ho visto una copertina dove c’era disegnato Paul Pierce. Devi sapere che, oltre a essere un tifoso della Roma e della Virtus, sono un fan dei Lakers. A quel punto mi sono detto: “Perché non provare a disegnare con lo stesso stile Kyle Kuzma?”. Quella è la prima illustrazione a mano libera che ho realizzato. Per me era un semplicissimo esercizio di stile.

La combinazione è che, mettendola su Twitter, mi contatto Paul Rogers, l’Head of Digital dell’As Roma. E mi disse: “Ti va di illustrare qualche calciatore con lo stesso stile?”. È stato un ottimo trampolino.

Di illustrazioni con i giocatori dei Lakers ne vedo altre sul tuo profilo, come quella di Kurt Rambis.

Sì, quella è old school. 

Illustrazione di Kurt Rambis

Di giocatori di un tempo, hai realizzato anche un progetto per le ex stelle della Virtus Roma.

Una bella rubrica, si chiamava “Amarcord”. Era contenuta nell’House Organ ufficiale della Virtus Roma, distribuito prima delle partite casalinghe nell’anno della promozione in serie A.

Nell’illustrazione Enrico Gilardi, ex giocatore della Virtus Roma

Ti piace il vintage?

Si, mi piace andare un po’ sul collezionismo. In anteprima ti dico che a breve uscirà un coloring book, diviso per decadi, dei migliori quintetti dell’NBA dagli anni Sessanta a oggi.

Illustrazione su Michael Jordan

Sempre dei Lakers. Quella di Kobe è stupenda. Lui che al posto del pallone ha la Luna: un alieno.

Quell’illustrazione mi faceva piacere farla, non c’è stato nessun secondo fine. Non l’avevo mai disegnato Bryant, perché avevo terrore della grandezza. Lì, però, mi sono sentito di omaggiarlo con l’arte, ringraziandolo di averci inculcato a forza la Mamba Mentality.

Illustrazione su Kobe Bryant

Ci sono state altre occasioni del genere?

Una cosa simile mi era successa con Totti, illustrato per i quarti di finale e per la semifinale di Champions League. Avevo paura che la somiglianza non fosse accurata, invece alla fine è venuto bene. E ha avuto grande riscontro: 80mila like e 1 milione di impression circa. Non mi era mai capitato.

Illustrazione su Francesco Totti

Cosa ti è rimasto delle collaborazioni con l’As Roma?

È stata una bella esperienza per cominciare. Secondo me, bisogna trovarsi al momento giusto nel posto giusto. Non è detto che se non vieni chiamato, tu non stai producendo materiale di qualità. Il mio mantra è “fortuna e attitudine”. Ci vuole fortuna a essere contattato dalla persona giusta, però poi devi dimostrare di valere qualcosa. Per questo è anche importante proseguire nella ricerca e andare oltre, anche quando sembra che (apparentemente) non stai concludendo niente.

I tuoi disegni infatti si sono evoluti.

Sì, sono passato dal vettoriale al disegno a mano libera. Come dicevo, l’importante è la ricerca artistica. I miei primi disegni sono un mix di illustratori che avevo piacere a guardare.

Illustrazione su James Harden

Chi in particolare?

Più un movimento che singoli artisti, quello del vettoriale. Che negli anni Duemila era molto diffuso.

E perché sei passato al disegno a mano libera?

Perché ho visto che alla lunga il vettoriale mi limitava: potevo usare solo alcune forme (quadrato, triangolo e via dicendo) e, anche se è possibile intervenire con colorazioni e sfumature, restavano sempre quelle.

Ti bloccava.

Sì, mi sono trovato più libero di interpretare la forma senza restrizioni. E vedendo risultati con la tavoletta grafica, ho preferito il disegno a mano libera. Ho scoperto questo aspetto di me che non conoscevo. Certo, nel percorso accademico mi era già capitato qualcosa di simile nel disegno dal vero, ma non avevo mai provato la sfera dei ritratti.

Che strumenti usi?

Uso una semplice tavoletta grafica. Giorni fa ho provato per la prima volta l’applicazione IOS Procreate: un software di disegno per l’Ipad. E ti dirò: è spaziale! Forse anche troppo…

Perché?

Ha permesso un’estrema democraticizzazione dello strumento. Perché, anche chi non ha avuto un percorso di studi concentrato sulla forma anatomica, chiaroscuri e disegno dal vero, può ugualmente approcciarsi al software sfruttando alcuni “aiuti” digitali, che permettono una dignitosa produzione illustrata finale.

L’illustrazione di Anthony Towns, ripresa dall’account ufficiale dei Minnesota Timberwolves

L’illustrazione di Anthony Towns, ripresa dall’account ufficiale dei Minnesota Timberwolves

È più semplificato.

Sì, ti aiuta nelle forme, nella chiusura dei tracciati. Che prima: o eri preciso o sbagliavi.

Un aiuto tecnologico importante.

Sì, però non voglio dare giudizi, dire che è meglio o peggio. Perché, anche con queste applicazioni, si vede comunque chi ha maturato una ricerca artistica e chi improvvisa.

Preferisci gli strumenti tradizionali?

Per disegnare uso una penna Wacom. Traccio le linee su tavoletta e guardo nel monitor.

Quanto impieghi per un lavoro?

All’inizio ne chiudevo uno al giorno. Adesso riesco a finirlo massimo in un paio d’ore.

Hai velocizzato molto.

Sì, ho visto che mi piace molto la sticker art. Tant’è che con la Virtus Roma facemmo anche sticker della messaggistica instantanea con le facce dei giocatori. Mi soddisfa la traduzione del disegno in sticker, a mo’ di comic art.

Hai realizzato illustrazioni per la Virtus Roma?

Sì, due anni fa, come consulente grafico per una società esterna. Illustravo le copertine e i servizi interni dell’House Organ ufficiale.

Ho visto che Giovanni Pini, il giovane della Virtus, ti ha regalato la sua maglietta.

Gli è piaciuto il progetto Drawing Captains. Ne sono felice.

Di cosa si tratta?

È un giornale nato durante il lockdown. Un racconto illustrato con tutti i Capitani della stagione 2019/20 della Serie A di Basket. Ma ha avuto anche un altro obiettivo.

Quale?

Voleva essere anche un media kit di presentazione degli sports designers che hanno collaborato al progetto, in prospettiva della prossima stagione e in previsione della crisi e dei tagli post Covid-19. Così gli uffici di comunicazione possono attingere da lì per eventuali collaborazioni spot. Hanno partecipato non solo illustratori professionisti, ma anche semplici amatori che hanno sposato la causa.

Hai qualche libro da consigliare ai fan artist?

Sì. Per me ci sono alcuni libri che ogni illustratore-designer deve aver letto almeno una volta se vuole intraprendere questa carriera lavorativa. Sono: Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale di Bruno Munari, poi I persuasori occulti di Vance Packard, inoltre La caffettiera del masochista. Il design degli oggetti quotidiani di Donald A. Norman, ancora Il canone Vignelli di Massimo Vignelli, e infine Il mestiere di grafico di Albe Steiner.

C’è scontro tra sport designer e fan artist?

Con questo progetto di Drawing Captains, la mia idea è stata quella di unire i vari artisti in una community piuttosto che dividerli. Anche perché il poco lavoro, e i tagli alle commissioni, spesso portano ad un mancato confronto costruttivo tra colleghi, cosa che invece ho riscontrato molto di più tra designers inglesi o americani, partecipando ad alcuni libri illustrati editi all’estero.

Illustrazione su Giovanni Pini

E poi, questo progetto, è legato anche alla beneficienza.

Sì, per aiutare la Croce Rossa durante il periodo d’emergenza. In realtà, inizialmente, avevo ipotizzato di tirar su poco: circa 85 euro. Alla fine, invece, ne abbiamo versati circa 550. Un ottimo risultato!

Non solo ti esprimi nel campo sportivo, ma nel tuo portfolio ci sono illustrazioni di artisti: come Van Gogh, Warhol e tanti altri.

Quelli sono progetti personali, non sono commissioni. Situazioni che mi rendono felice anche se non sono trending topic su cui per forza richiamare traffico ed engagement. Disegni che, quindi, non sono necessariamente soggetti al giudizio del pubblico… È importante avere un riscontro, ma non sempre è il focus centrale delle mie produzioni. Sai, purtroppo siamo soggetti al giudizio dei social. È una bugia se ti dico che non mi interessa il confronto con la rete, ma il mio consiglio è di focalizzarsi su un miglioramento personale piuttosto che limitarsi all’interazione di per sé. Poi il resto viene di conseguenza.

Il giudizio social ormai è inevitabile?

Sì, diciamo che senza la potenza di diffusione dei social la tua arte non esiste. O quantomeno non esiste per il pubblico. Penso che l’artista vero non esista più: è morto con le avanguardie. Creare una cosa nuova è molto difficile, quindi ti rimane di essere soddisfatto di ciò che hai realizzato, prendendo spunti dal passato. Quando sei veramente soddisfatto, hai fatto “bingo”. Per esempio, vedi Van Gogh… ha venduto un solo quadro nella sua carriera, ma non ha mai smesso di perseguire il suo obiettivo. E in generale comunque non esiste più quel tipo di artista, che oggi è al contempo imprenditore.

Come guardi le opere che hai realizzato anni fa?

Alcune non mi piacciono più. Ad esempio, il primo Dzeko che ho disegnato per l’AS Roma, mi sembrava bellissimo, ma se lo riguardo oggi lo considero piatto, bidimensionale e quasi mi vergogno che sia stato io a disegnarlo. Però questo è positivo, perché vuol dire che sono andato avanti.

Qual è l’illustrazione che è piaciuta di più?

Quella per Ezio Bosso, il musicista scomparso poco tempo fa.

Che è minimale rispetto a quelle dei calciatori.

Sì. Per certi versi quasi concettuale. Ti dirò, ero anche indeciso se farla o no. Io sono dell’idea: o mi interessa dire qualcosa o è meglio no dire niente. Non mi piace lo storytelling giornaliero senza nulla da comunicare.

Ha avuto grande seguito. È comparsa anche in una videoscheda di Repubblica.it.

Sì, mi hanno chiamato per chiedermi se la potevano inserire. Pensa che ero indeciso se metterla con privacy pubblica o privata all’inizio. Ma alla fine mi è sembrato giusto omaggiare il genio del musicista in quella maniera.

Tra i tuoi lavori, ci sono anche delle graphic novel. Come quello sul giocatore NBA Javal McGee.

È un progetto che non si è ancora sviluppato, però mi piacerebbe portarlo avanti. Mi interessava l’aspetto gregari. Volevo analizzare tramite una graphic novel l’idea dei Lakers che tornano al successo, soffermandomi sui giocatori meno importanti. Come McGee, uno che scende in campo con la tuta dei pantaloni, ma che è fondamentale per arrivare al titolo. Un po’ come è stato Steve Kerr per MJ…

Come nasce il tuo nome d’arte: Sim Uan?

Molto semplicemente. Sim è l’abbreviazione di Simone e Uan sarebbe “uno” in inglese scritto come si pronuncia. Insieme compongono il mio nome Sim-One.

E com’è nata la tua passione per la grafica?

Diciamo che ci sono cresciuto: mia madre è restauratrice e decoratrice, mi ha indirettamente indirizzato alla passione per la storia dell’arte. Tutti i miei parenti mi raccontano di un dipinto 50x70, realizzato circa a 2 anni di età, raffigurante un cavallo, con una quantità di particolari impressionante. Ancora lo conserviamo. Sono stato comunque sempre deciso. Mentre i miei amici fantasticavano sull’ipotesi di diventare astronauti, cowboy o piloti della Formula 1, io avevo ben chiaro quale sarebbe stato il mio mestiere. Ho poi indirizzato gli studi con le scuole medie informatiche, il liceo artistico indirizzo grafico, l’Accademia di Belle Arti indirizzo Grafica Editoriale e infine il master in marketing e comunicazione.

Il commento ai tuoi lavori che ti ha fatto più piacere?

Ultimamente mi è capitato di sentirmi dire: “Quando vedo le tue illustrazioni, so che le hai fatte tu, anche se non sono firmate”. Sono contento di aver creato qualcosa di riconoscibile e forse aver trovato uno stile. Chissà poi come andrà a finire…