Anthony Caruana, le note della scrittura

In questa rubrica mi piace molto indagare sul processo creativo che sta dietro alla scrittura. Nell’appuntamento di questo mese ho avuto il piacere di farlo intervistando Anthony Caruana, giovane musicista e scrittore, reduce da un importante riconoscimento.

Prima di mettermi a scrivere lascio sedimentare un’idea, lavoro nella mente a un personaggio o a una storia che voglio raccontare, facendomi coinvolgere anche da sensazioni, emozioni, immagini e suoni. Una volta che ho chiara in testa la storia e soprattutto il protagonista principale mi metto al computer e scrivo. Di solito faccio tre stesure complete. Nella prima butto giù l’idea, cerco di definire voce e stile. In seconda stesura “pulisco”: elimino il superfluo, scelgo la coerenza della trama, aggiungo particolari per comprendere meglio la storia. In terza stesura mi dedico alle rifiniture, alla scelta della singola parola, alla ricerca dei refusi.

Cosa ti spinge a scrivere? Qual è il primo impulso che hai sentito e che ti ha portato a esprimerti attraverso questo mezzo?

Ho sempre amato leggere, e scrivere. Ho fatto il liceo classico e ho avuto la fortuna di incontrare insegnanti che mi hanno trasmesso la passione per la letteratura. Ho scoperto che scrivere mi fa stare bene. Creare storie con le mie parole mi dà la possibilità di trasmettere le mie emozioni attraverso i miei personaggi.

Il tuo ultimo romanzo è Contorni opachi, edito da Bertoni editore.

È la storia di Augusto, un ragazzo di 30 anni con disturbi psichici, che confonde la realtà con le proiezioni della sua mente. All’inizio del romanzo il protagonista riceve una telefonata che lo informa della morte di una sua zia, di cui lui tuttavia non ha mai sentito parlare. Comincia allora a cercare informazioni su di lei all’interno della sua famiglia, ma suoi genitori gli nascondono la verità su questa e tante altre cose. Per questa ragione, Augusto deciderà di intraprendere una sua indagine privata all’interno della memoria familiare. Il lettore scoprirà assieme al protagonista, solo nelle ultime pagine, la verità.

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Il romanzo è stato proposto tra i primi 62 candidati al Premio Strega dal giornalista e regista Vito Bruschini. Cosa hai provato quando lo hai saputo? Cosa pensi del Premio e che idee hai ora che conosciamo la dozzina finalista?

La gioia è stata fortissima, e del tutto inaspettata. È come uno di quei sogni che hai dentro ma che mai pensi di vedere avverarsi nella vita, anche perché non è da molto che scrivo. È stata una presa di coscienza del fatto che il mio percorso si sta muovendo sui binari giusti. In merito al Premio, sto leggendo tutti i libri della dozzina. Devo dire che il livello è altissimo – ma questo era fuori discussione – e che ho ritrovato molte delle tematiche che ho portato in Contorni opachi: le dinamiche familiari, il rapporto genitori-figli, la presa di coscienza del ruolo che ognuno di noi ha nel proprio nucleo originario, dove si formano le prime esperienze ed emozioni.

Sono curiosa della tua esperienza come giurato di concorsi letterari. Cosa cerchi in un testo?

Ciò che cerco in un testo è la pulizia stilistica e la forma: da qui parte il mio giudizio. La trama deve incuriosirmi, essere originale. Originalità e scrittura sono gli elementi fondamentali.

Qual è, invece, il tuo ruolo in casa editrice?

In casa editrice (la Bertoni editore) sono responsabile di una collana che si chiama “Schegge” che tratta romanzi non di genere che hanno come filo conduttore tematiche di ordine psicologico, sociale e familiare, che scavano nelle profondità dell’anima.

Ho scoperto che abbiamo una passione letteraria in comune: Jonathan Coe. Cosa ti colpisce della sua scrittura e dei suoi lavori?

Quello con Coe è un amore adolescenziale. È stato uno dei primi autori che ho letto, divorandomi tutta quanta la produzione in pochissimo tempo quando ero ragazzo. Tutt’ora, quando esce un suo libro, corro a comprarlo. L’imprinting c’è stato quando ho letto La casa del sonno, che reputo un libro straordinario. Ciò che amo di questo scrittore è il suo essere un narratore della contemporaneità, la sua capacità di raccontare generazioni di persone all’interno di un periodo storico ben preciso, e credo che questo abbia condizionato molto il mio modo di scrivere. Penso che il personaggio di Benjamin (protagonista de La banda dei brocchi, Circolo chiuso e Middle England) sia il sogno di ogni scrittore.

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Quali sono gli altri tuoi autori di riferimento e ispirazione?

A questa domanda non so mai come rispondere perché la lista sarebbe veramente lunga. Amo leggere di tutto, qualsiasi autore, di qualsiasi nazionalità. Volendo indicare qualcosa di più preciso, mi piace tantissimo la narrativa contemporanea nordamericana: Paul Auster, Philip Roth, Jonathan Franzen, David Foster Wallace. Tra i romanzi, mi piacerebbe citarne tre: La valle dell’Eden di John Steinbeck, Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan e La breve favolosa vita di Oscar Wao di Junot Diaz. Tra gli italiani trovo straordinario Nicola Lagioia: il suo ultimo libro, La città dei vivi, è un capolavoro.

In merito ai tuoi progetti futuri, immagino che tu abbia sfruttato questo momento di isolamento a favore della tua scrittura. Secondo te, scrivere durante una pandemia è per forza scrivere della pandemia?

Come tutti ho approfittato di questo periodo di rallentamento per dedicarmi alle mie passioni, tra le quali c’è ovviamente la scrittura. Credo che però sia difficile raccontare un momento come questo nel presente in cui lo stiamo vivendo: sarebbe meglio farlo decantare, aspettare degli anni per avere un punto di vista più oggettivo. Tuttavia, stanno arrivando e arriveranno – me ne rendo conto lavorando in casa editrice – molti scritti a tema pandemia. Penso si tratti più di una necessità di esternare un disagio personale che di un reale bisogno narrativo. Nel mio caso, non vorrei che la pandemia fosse il tema principale, preferirei utilizzare questa condizione come sottofondo per continuare a raccontare storie della contemporaneità.

La rubrica è nata dalla mia “collezione privata” di citazioni di grandi autori sul mestiere della scrittura. Ci lasci con la tua preferita?

Mi piacerebbe fare un omaggio a Carlos Ruiz Zafón, scomparso recentemente, dedicata a tutti gli amanti della carta stampata: “Sono cresciuto in mezzo ai libri, facendomi amici invisibili tra le pagine polverose di cui ho ancora l’odore sulle mani”.