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Traste-storie. Pezzi di vita


  • Teatro Trastevere (map)

Affabulazioni, Racconti, Fatti di Cronaca e Pezzi del Vissuto Quotidiano rappresentati sotto forma di Messa in Scena Teatrale e Realtà Performative Multidisciplinari. Il Teatro stesso per l'occasione ospiterà mostre fotografiche, laboratori interattivi, installazioni artistiche e realizzazioni editoriali legate al territorio:

26-27 FEBBRAIO

LA CAMICIA NERA

Di Daniele Paesano

Regia Daniele Paesano

Con Sabrina Balice, Jacopo Cucurnia, Giacomo De Nisi, Daniele Paesano, Isabella Ripoli, Valerio Rosati

Roma, settembre 1943. Due amici d’infanzia si ritrovano ogni sera per giocare una partita a carte. Sono cresciuti insieme, ma ora qualcosa li divide. Pietro, operaio, si è sposato da poco. Sua moglie Rachele è incinta di otto mesi. Beppe, allo scoppio della guerra viene chiamato a prestare servizio militare. Diventa una camicia nera. Nasce la Repubblica Sociale Italiana. Al comando si sparge la voce che gli ebrei devono essere arrestati. Eppure la loro amicizia non sembra essere cambiata. Il loro rapporto rimane quello sincero e fedele di sempre. Beppe dovrà scegliere se salvare la sua vita o quella del suo amico, di sua moglie, e del piccolo Lorenzo, ancora innocente e ignaro di tutto nella pancia della sua mamma.

“Quando mi sono ritrovato a scrivere un testo ambientato durante la seconda guerra mondiale che trattasse la discriminazione razziale avvenuta in quegli anni, non ero spaventato. Il che, a pensarci bene, è abbastanza strano: quel periodo non è sicuramente fra i più semplici da raccontare, soprattutto per chi, come me non l’ha vissuto. D’altro canto, quello della shoah, era un argomento sul quale sentivo la necessità di esprimermi; necessità che è la materia prima di ogni racconto. Poi la fase di scrittura finisce. E arriva il momento più drammatico. Come lo metto in scena? La risposta è arrivata presto.

Bisognava presentare la storia nella forma più sincera e genuina possibile, recuperando la forma del teatro di narrazione e adattandola ad uno spettacolo di teatro tradizionale.”

28 FEBBRAIO -1 MARZO

UN CAPITANO-DUECENTO MILA CHILI SULLE SPALLE

Di Giulia Lombezzi e Amr Abuorezk

Regia Eleonora Gusmano

con Ivano Russo

Nell’estate del 2006, durante i mondiali di calcio, Amr A., 21 anni, decide di tentare la traversata per mare dalla Libia all’Italia. Amr è un pescatore, conosce il mare fin da quando era bambino. In Egitto guadagna assai poco e potrebbe solo pescare per tutta la vita, ma il suo spirito curioso e brillante e la sua voglia di scoprire il mondo lo spingono inesorabilmente a cogliere ogni richiamo all’avventura, a cercare uno strappo nella rete della quotidianità, a tentare di andarsene come i suoi fratelli, per capire cos’altro può diventare fuori dal contesto abituale.

“Gli aspetti dell’avventura vissuta da Amr su cui ho voluto soffermarmi sono stati l’inaspettata occasione per un ragazzo qualunque di diventare in pochi minuti un “eroe inconsapevole” responsabile della vita di altre persone, il sentore di incompletezza che l’ha portato ad abbandonare un futuro certo di “triglie seppie gamberi e sgombri” come marinaio nel suo paese natio e a mettersi in viaggio per ricercare la sensazione di essere invece “tutto intero nello stesso posto” e la difficoltà e allo stesso tempo necessità per ognuno di noi di rimanere in contatto con il proprio mondo sommerso, di memorie, sogni e speranze. Amr è egiziano e la sua avventura può facilmente essere ascritta tra le tante storie di migrazione che caratterizzano il nostro secolo. Il nostro desiderio è stato però quello di raccontare in primo luogo l’avventura di un ragazzo, il desiderio di riscatto e la sua crescita, resa particolarmente difficile dalle condizioni di una barca pilotata da incompetenti, dai compagni di viaggio numerosi e spaventati, dalla sete e dalla controversa accoglienza sulle coste della Sicilia. Ho scelto che la messa in scena di questa storia si sviluppasse attraverso l’uso di pochi oggetti scenici, di manifattura artigianale, un mare di cellofan e alcuni busti e frammenti di manichini come sommersi e coperti da terra proveniente del fondo del mare, tutto intorno ad una scala, che durante la narrazione si trasformi talvolta in nave, in rotaie di un treno, e in albero maestro su cui Amr possa arrampicarsi per vedere al di là, nel tentativo di superare se stesso e le sue ambizioni.”

2-3 MARZO

CONFERENZA SULLA PIOGGIA

liberamente tratto da: “CONFERENCIA SOBRE LA LLUVIA”di Juan Villoro

Regia Agostino Pannone

con Gregorio Maria De Paola

Un conferenziere ha smarrito le sue carte e il nervosismo lo porta a dire cose impensabili. Il soggetto del discorso è il rapporto tra la pioggia e la poesia d’amore. Nella vertigine dell’improvvisazione, il protagonista parla di sé, ma non abbandona il suo scopo originale. In modo affascinante si mescolano così due forme di discorso: conferenza e confessione. Questo monologo scritto da Juan Villoro è una riflessione profonda e spesso ironica sulla vita dei libri e sulle emozioni che sono in grado di suscitare. Una libreria è una raccolta d’amore, ripudio, sospetti e nostalgia, sia per quello che dicono i volumi, sia per il modo in cui vengono letti.

“Perdere. Perdersi. Perdendosi. Ma anche trovandosi. Trovato! Ho perso qualcosa, o qualcuno, trovando un pezzettino in più di me stesso. Questo dice e fa il mio personaggio, anzi quello di Juan Villoro, che poi è il mio o quello di Gregorio, o forse il nostro, adattato da noi, o forse proprio io. Ho perso il filo! Hmmm... un attimo.

Lo so, le note di regia dovrebbero rendere tutto più chiaro. Vi assicuro che è semplice. Ricominciamo: è una storia che si perde. Cioè che si perde proprio nel nulla. Non che si perde il senso di quello che si dice, cioè anche, si, a volte, ma soprattutto che si perde nel senso che non si trovano più. Chi? I personaggi! Ci ritroviamo noi. Noi esseri umani. Ci ritroviamo dentro, mentre ci perdiamo il senso di quello che si sta dicendo. Perchè per trovarsi bisogna perdersi. Se non ami perderti, allora non ami. Se ami, questo spettacolo ti fa perdere! Non nel senso che non vinci! Che ti perdi, perchè dentro trovi te stesso. Quella è una vittoria! Che poi come si fa a stabilire chi vince e chi perde? Oh Dio, mi sono perso. Allora: perdono. Questione di accenti. Comincio a perdermi troppo. Insomma: questo spettacolo nasce da una perdita.”