L'Amletico

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Torreja, una vita d'arte per resistere alla morte

Illustrazioni, progetti video, ceramiche, e tante altre forme d’espressione. Perché limitarsi a un modo di esternare la propria arte quando le vie sono infinite? Di quelle menzionate, Torreja le ha sperimentate tutte. Disegna, filma e modella: un’artista in continua evoluzione.

Peruviana di nascita ma newyorchese d’adozione, ha esposto nella Grande Mela, a Roma, Lima e Tokyo. Tra i suoi primi lavori, la graphic novel El trágico e inexplicable caso de la niña con 4 ojos, un libro con tracce autobiografiche, che racconta la storia di una ragazza in grado di vedere più degli altri grazie ai suoi quattro occhi. Vedere troppo, tuttavia, è anche fonte di dolore.

Oscar Wilde diceva che “nessun grande artista vede mai le cose come veramente sono. Altrimenti non sarebbe più un artista”. Qual è il tuo modo di vedere la realtà e come influisce sulla tua arte?

Vedo la realtà sempre sotto la lente della morte. È un tema che mi tormenta e ossessiona da quando ero una bambina. Piango ogni giorno pensando a quando moriranno i miei genitori, a quando morirò io e la gente che amo. Tutti i giorni penso al significato della vita, alla solitudine, a chi sono io e perché sono qui, e tutto ciò è riflesso nella mia opera.

Nel libro El trágico e inexplicable caso de la niña con 4 ojos la protagonista decide di “tornare normale” e rimuovere due dei suoi quattro occhi, ma si accorge che la situazione non cambia. Come vivi il cambiamento?

Niente cambia mai, ma tutto si trasforma sempre. Penso che la vita sia veramente cosi.

Senza il tuo modo di sentire e soffrire pensi che saresti lo stesso un’artista?

Non so se sarei un’artista senza il mio modo di soffrire e provare dolore, ma preferirei non esserlo per smettere di sentire dolore.

Tra i tuoi lavori vi sono alcune illustrazioni che fanno riferimento alle sparizioni, agli stupri e alle uccisioni perpetrati dai terroristi del Sendero Luminoso, un’organizzazione terroristica del Perù che uccise circa 40.000 persone tra il 1980 e il 1990. Come ha influito sulla tua vita?

Quando sono cresciuta il mio paese era in guerra. Non c’era l’acqua né l’elettricità, ma bombe ed esplosioni. Tanta gente veniva uccisa dai terroristi ed era troppo pericoloso andare fuori. Mi sentivo sempre in stato di allerta. Non posso esserne sicura, ma è possibile che questo – insieme ad altri eventi, come la morte dl mio nonno – hanno segnato per sempre la mia vita.

Nel progetto Gone and still here parli di come non ci sia assenza senza presenza. Abbracci, vesti e accarezzi animali morti. Quale sensazione hai provato a indossare la pelle di un animale in putrefazione e quale sensazione vuoi trasmettere?

Quando un essere vivente muore, il suo corpo, il suo odore, i suoi vestiti continuano ad essere qui. Ma l’essere vivente non è più qui. Questo è affascinante perché porta a chiedermi cos’è veramente una presenza. Si può sentire una presenza anche con un oggetto che era di un essere morto, con qualcosa che era suo: quello che ha lasciato contiene la sua essenza. Tutto questo forma la sua presenza anche quando è assente. Quando abbraccio la pelle di un essere morto, abbraccio la sua morte e gli do una nuova vita.

In alcuni dei tuoi lavori appari senza veli. Qual è il tuo rapporto con la nudità?

La nudità per me significa vulnerabilità. Quando lavoro a una mia opera, la mia intenzione è di essere sempre vulnerabile e onesta. Senza vulnerabilità credo che sia impossibile connettersi con altri.

Ora ti stai dedicando ai video. Evil Snails è il tuo ultimo lavoro in cui si contrappone la carnalità di un maiale al volto angelico di una donna. Sacro e profano.

“Evil Snails” continua il tema della morte e tutto ciò che non è permanente, perché io combatto questo tema che mi tormenta in tutto quello che faccio. C’è una scena del video in cui con una lingua di mucca lecco il sangue e Gesù bambino, provando a mangiarlo. Questo rappresenta il mio desiderio di eternità, visto Gesù e il suo sangue, per me, rappresentano l’eternità, l’opposto della morte. E questo è quello che voglio di più nella vita: la permanenza. Che la vita, la felicità e quello che uno ama possa resistere alla morte.

Potete vedere i lavori di Torreja su Instagram, Tumblr e sui siti web: torreja.nyc and https://ello.co/torreja.