L'Amletico

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Margherita Peluso e il pellegrinaggio alla Grande Madre: "Dobbiamo ritrovare le memorie collettive"

Di messaggi promozionali se ne ricevono tanti, ma quando l’attrice Margherita Peluso mi invia il suo progetto, intuisco subito che si tratta di qualcosa di particolare. “Ti invito a un pellegrinaggio artistico che conduco qui in Sicilia sulle tracce della Grande Madre. Sarà un viaggio nella terra di Sicilia, nel suono e nella femmina. Le tappe sono nei luoghi in cui la venerazione dell'elemento femminile è stato distrutto e sostituito da monumenti di culti monoteisti, centri di produzione e consumo secondo il credo attuale”.

Grande suggestione. Scopro più tardi che le prossime tappe saranno l’8 e il 17 settembre a Faro di Punta Lingua, Salina. Performance che nasce grazie alla mostra Human Touch /isolation a cura di Paolo Lolicata e Laura Pieri e incentrata sul tema dell’isolamento. Esposizione che sarà attiva al Castello di Milazzo e al Faro di Salina fino al 17 di Settembre. All interno ci saranno sono esposti anche i quadri di Margherita Peluso.

Decido allora di sentirla per farmi dire di più.

Ti trovi a Modica, perché?

“È il mio paese di origine, mio papà è di qua. Sono tornata due anni fa per continuare il lavoro su Marta Abba, Musa ispiratrice di Luigi Pirandello e poi ho deciso che volevo restare qui”

Sentivi il bisogno di tornare.

È come se avessi trovato il mio habitat. 

Da quanto mancavi?

Sono nata a Milano, però sono andata via da lì quando avevo 25 anni. Poi sono stata in giro fino a un anno fa. 

Perché hai deciso di tornare proprio in questo momento?

Tutto è scoppiato durante la pandemia. Mi trovavo in Canada e dovevo tornare qui a marzo. Ero là ormai da un anno e mezzo. Tutti mi hanno detto: “Non tornare a casa”. Ma io non sapevo che decisione prendere e mi sono detta: “Ma qual è casa mia?”. Ho viaggiato così tanto che non lo sapevo più.

foto di Andrea Iran

Dove ha viaggiato?

Ho vissuto tre anni a New York. Poi in Australia. L’ho girata quasi tutta in macchina, lavorando nelle fattorie. Avevo preso un periodo “off” dall’arte. Poi però mi sono stabilita a Melbourne per oltre 4 anni. 

Di recente hai detto: “Ho scelto il teatro perché mi aiuta a uscire dalla pazzia”. Però, poi, hai aggiunto: “Il teatro è pazzia”. Contraddizione voluta?

Ero diventata un po’ prigioniera di questo sistema artistico. Vinceva molto l’ego. Era più la voglia di emergere, o di doverlo fare per forza, invece di doverlo capire, farmi opera, e portare quella storia o racconto che volevo comunicare. Era soprattutto un fatto viscerale, dettato dall’ego. E soffrivo molto, perché a volte non c’erano certi riconoscimenti. Che poi non sono mai quelli che ti aspetti. 

Ti aspettavi molto?

Sai, nell’arte spesso è come se uno si aspetta dei riconoscimenti. È giusto, ma anche un po’ sbagliato. Se dobbiamo sempre attenderci in modo immediato il frutto di quello che facciamo, allora lì parte la sofferenza, la prigionia all’interno di questo sistema. Un po’ come quando uno fa un’opera d’arte: non si deve aspettare che venga compresa. Questa aspettativa, secondo me, ci porta un po’ alla pazzia. Entriamo in un labirinto da cui non riusciamo più a uscire.

Questo pellegrinaggio sembra invece aiutare il percorso interiore.

Sono andata alla ricerca dell’essenza, dell’Io, di chi sono. E ho scoperto che, in questo viaggio, raccoglievo memorie. Ho approcciato tantissime culture. Tra le tante, ho avuto modo di vivere con gli aborigeni, e mi sono piaciuti i riti e le loro tradizioni. Ho cominciato quindi a usare queste memoria nel mio lavoro artistico. Per questo mi sono ritrovata a tornare qui, nel paese d’origine, per lavorare a questo progetto sulla Dea Madre. 

Foto di Andrea Iran

Come si svilupperà?

Sarà in Sicilia. Ci sono io che mi ricopro di argilla rossa e mi accompagna una ragazza, Marta Mattalia, che si cimenta in canti devozionali. Metterò il mio corpo in diverse posizioni antiche, che venivano usate da queste divinità. La Grande Madre veniva raffigurata in posture che ne delineassero le forme per esprimere un femminile molto potente. queste statue del femminile manifestano la piena espressività della matrice biologica. Attraverso le forme. E attraverso i simboli che le accompagnano. 

È una riscoperta del corpo?

Sì, spazio e corpo. Ma è anche un ritorno alla matrice creativa del terreno, orma che invece ne abusiamo. 

Il pellegrinaggio sarà a tappe?

La prima è al castello di Milazzo, la seconda è al Faro di Punta Lingua, Salina (17 settembre). Sarebbe bello posizionare la Dea Madre nel traffico di Roma. Non sarebbe male come idea.