L’operazione di Rosario Lisma: la critica finisce sotto sequestro

 

Seduto in una delle poltrone della prima fila del Piccolo Eliseo c’è un uomo incappucciato, legato e imbavagliato. È il noto critico teatrale Marco Mezzasala, costretto a vedere lo spettacolo dai quattro attori che l’hanno rappresentato per oltre due settimane. Aveva promesso che sarebbe venuto all’ultima replica, ma non è stato di parola. Per questo l’hanno rapito e portato a teatro. Solo la sua opinione conta in un’epoca in cui tutti possono scrivere e pubblicare i loro articoli. Il giornalista assiste a tutta l’opera, impassibile e senza dire una parola. “Maestro”, gli chiede uno degli attori, “le è piaciuto allora lo spettacolo?”. Ma non arriva alcuna risposta. “Maestro?!”.

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Il piano dei quattro era perfetto. Eppure accade l’imprevedibile o, forse, quello che si poteva già prevedere. D’altra parte, quando si spengono le luci, il rischio che si oscuri anche la vista di chi assiste c’è, soprattutto dopo giornate intense e faticose. Che sia poi un critico teatrale ad addormentarsi, sicuramente fa ancora più ridere. Ma fanno divertire anche tutte le peripezie affrontate dagli attori per portare in scena l’opera. Dalle interviste rilasciate al gazzettino di Sgurgola (ndf), “perché è l’unico che ce l’ha concessa”, alla marchetta televisiva di uno degli interpreti, che in tv si deve “fingere wrestler, azzuffare con l’amante della moglie, e poi scoprire improvvisamente di essere omosessuale e baciare il conduttore”. 

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L’operazione ironizza su tutti i meccanismi che ruotano attorno al mondo dello spettacolo. È un testo soprattutto pensato oltre che recitato. Utilizza l’espediente del critico sequestrato per criticare a sua volta le regole dello show business. A scriverlo e dirigerlo Rosario Lisma, che è inoltre parte dello spettacolo insieme a Fabrizio Lombardo, Alessio Piazza e Andrea Narsi. Un gruppo collaudato, una macchina da gag in cui ogni attore conferisce al personaggio che interpreta una caratteristica buffa e distintiva, per quasi due ore di spettacolo (non tutte indimenticabili). Ecco, quello su cui Lisma si dimentica di ironizzare è proprio la lunghezza di alcuni lavori teatrali. Con la critica costretta a guardarli per intero per onorare la professione, anche se lunghi, noiosi o con poco da dire. Allora, sì, in questi casi si può dire davvero che i giornalisti sono sotto sequestro.