L'Amletico

View Original

Le lacrime amare di Petra von Kant, il calore umano che rende fragili

Rainer Werner Fassbinder nel 1971 creò la pièce “le lacrime amare di Petra von Kant” e subito la portò in scena nel teatro di Francoforte nel 1972. Per la sua trama ossessiva e scabrosa, venne bocciato dalla critica ancora vincolata a obsoleti canoni giudiziali. Un anno dopo, lo stesso testo venne ripreso dal grande schermo e ne nacque una pellicola che tracciò una svolta nel panorama culturale universale, segnando una linea che fece molti proseliti.

L’autore, dopo aver superato lo scetticismo iniziale, divenne la figura basilare dell’innovazione culturale  europea. Il suo genio sconvolgeva i benpensanti, li allontanava: ma nello stesso tempo calamitosamente li attraeva.

La scena si svolge in un unico locale, che funge da habitat per una donna di successo. Oggetti sparsi, un telefono e cubi rossi che sono una triste proiezione verso l’oltre. Contrasti di luci alternano colori più o meno forti a seconda del pathos del momento.

“Il prerequisito per poter amare senza dominare l'altro è che il tuo corpo impari, dal momento in cui abbandona il ventre della madre, che può morire. Quando si accetta il fatto che la morte è una parte della vita, non la si teme più e non si ha più paura di qualsiasi altra "fine"; ma finché si vive con la paura della morte, si reagisce in modo identico rispetto alla fine di una relazione e, come risultato, l'amore che pure esiste viene pervertito. 

(Rainer Werner Fassbinder)

Nei rapporti umani l’amore è un calore che rende fragili. Ma l’amore appassionato, se malato, è anche paranoico ed ossessivo. Proprio nel  creativo progetto dell’Accademia Silvio d’Amico Le lacrime amare di Petra von Kant la passione diventa ossessione, tensione e possesso. Una  dimostrazione tangibile di quel processo che spinge il bisogno di manipolare il sentimento per renderlo prima padrone e poi schiavo della stessa ragione.

Petra von Kant è una famosa creatrice di moda, i suoi modelli sono contesi dalle donne più affermate dell’alta società. La stilista è una professionista invidiata e imitata; ma intimamente si sente inutile, perché frustrata da due matrimoni fallimentari che hanno e stanno ancora segnando la sua vita. Queste sue delusioni minano la sua fragile psiche e segnano la sua esistenza, prosciugando anche la sua sorgente creativa. La sua decadenza morale porta Petra von Kant (brava Flaminia Cuzzoli) a diventare irascibile e indisponente verso la sua principale  collaboratrice Marlene, che subisce e silenziosamente soffre. La precaria instabilità del rapporto viene messo a repentaglio quando entra nelle loro vite una giovane e dinamica donna  Karin Trimm. La ragazza sta vivendo un momento particolare: si è separata dal marito, ma nel contempo è ambiziosa e vuole sfondare nel mondo della moda. Tra le due si instaura una profonda amicizia, tanto che le due donne, frequentandosi, si lasciano andare alle più segrete confidenze: e la loro unione ben presto si trasformerà in amore.

L’impatto emotivo subito rivitalizza Petra, che si risente rinata. Ma l’egoismo di Petra e il suo sentimento malato prenderà il sopravvento su ogni cosa, tanto che la bella Karin si sentirà talmente oppressa tanto da abbandonarla.  Allora lei, disperata, si appellerà alla tanto disprezzata Marlene, e pentita cambierà il suo modo di proporsi, ma anche la fidata collaboratrice se ne andrà e Petra rimarrà sola.

Il compianto Fassbinder  ribadisce il concetto che tutte le relazioni amorose, non sono eterne e ogni passione, anche quella ritenuta indissolubile, quando va in frantumi si trasforma in odio. L’odio di Petra, dopo la fine del suo amore, si trasforma in ostilità che feroce effonde nei confronti della figlia e di conseguenza anche sulla madre.  Petra Von Kant è una donna incapace di amare, e questa sua mancanza la rende insicura ed ossessiva: la sua vita è un continuo soffrire. Soffre perché vuole soffrire, attuando su di sé l’inconscio desiderio autolesionistico del concetto di amore abbinato a dolore: un trauma psicotico  sempre più dirompente tanto da sentirsi strappare il cuore e forse anche l’anima ogni volta che ama.

Adesso per lei non rimangono che pianti e un continuo ripetere il suo grido d’amore, confuso con il dolore e il rimpianto per una vita che si sta dimenticando di lei, lasciando la sua disperata sensualità concentrata in implorazioni che pendono dalle sue labbra vermiglio, ma cadono ben lontano dall’oggetto amato.

Sapientemente il regista Federico Gagliardi è riuscito a dare luminosità  al testo mettendo in evidenza le antinomie del dramma, facendoci entrare dentro il cuore di Petra (geniale esegesi di Flaminia Cuzzoli). Ottima l’interpretazione di Maria Giulia Scarcella, Elisa Novembrini e Jessica Cortini: talmente capaci nei loro ruoli, che con la loro intensità interpretativa sembrano vivere la realtà di Fassbinder come fosse loro.  Lo spettatore vive il dramma in ogni sua sfaccettatura e lo accompagna in tutte le sue fasi tutte forti e disperatamente reali.